Fotovoltaico, perché con lo stop sui campi si rischia l’aumento delle bollette

La revisione delle regole del gioco per l’istallazione dei pannelli fotovoltaici sui terreni agricoli, annunciata dai ministri per l’Agricoltura, Francesco Lollobrigida , e per l’Ambiente, Gilberto Pichetto Fratin, interviene in un sistema ormai talmente complesso che l’insieme degli effetti è difficilmente stimabile nell’immediato e sarà misurabile solo con il tempo. Ma alcune implicazioni pratiche sono evidenti sin da ora: se il divieto di istallare pannelli a terra nei terreni ad uso agricolo verrà confermato a livello generalizzato, il serio rischio che si traduca in aumento del prezzo dell’energia, ma anche degli oneri destinati a gravare sulle bollette pagate dai cittadini e imprese, è elevato.

Un rischio evidenziato da tutte le associazioni di settore, come Elettricità Futura, Utilitalia , Italia Solare. Non è detto che la norma, così come annunciata lunedì 6 maggio, non subisca modifiche oppure che non si rinvii a decreti ministeriali per stabilire quanto fitta dovrà essere la maglia del divieto. «Con il decreto aree idonee – che attualmente è fermo in Conferenza delle Regioni – vedremo di porre le opportune correzioni. È una proposta di concerto, gli uffici si vedranno per adeguare quella che è la proposta di aree idonee all’ultimo decreto», ha d’altro canto spiegato nei giorni scorsi Pichetto Fratin.

Gli incentivi per l’agrivoltaico costano il doppio

La deroga concessa alla costruzione sui terreni agricoli di impianti agrivoltaici, sopraelevati di almeno due metri da terra per consentire di stabilire al di sotto le coltivazioni, rischia di spingere i titolari delle pratiche avviate per la richiesta di autorizzazione di fotovoltaico a cambiare il progetto in agrivoltaico (e questo allungherà molto i tempi). Ad oggi le pratiche avviate per la richiesta di nuovi allacci alla rete di Terna sono per 300 gigawatt: una dimensione rilevante, che va ben oltre i 140 gigawatt ulteriori che l’Italia dovrebbe istallare per raggiungere i target ambiziosi al 2030 sottoscritto in occasione del G7 Energia a Torino a fine aprile. Non tutte andranno a buon fine: in ogni caso se la gran parte sarà costretta a spostarsi sull’agrivoltaico, i costi per la realizzazione degli impianti saranno destinati a raddoppiare. Il vantaggio competitivo che i pannelli hanno acquisito negli ultimi anni è proprio nel fatto che i costi dei materiali e di istallazione sono scesi in modo impressionante (anche se negli ultimi due anni hanno ripreso a salire un po’) facendo calare anche il prezzo dell’energia prodotta. Ma se i costi esplodono, l’impatto sul prezzo finale dell’energia sarà inevitabile.

170 euro a megawattora contro 90

Per avere un’idea di numeri basta guardare ai decreti ministeriali per gli incentivi varati dal ministero per l’Ambiente: il decreto per l’agrivoltaico riconosce tariffe pari a 170 euro a megawattora (sono prezzi ai quali potrà vendere l’energia chi realizza l’impianto). Il fotovoltaico, come si legge nella bozza del decreto Fer X, è attorno a 80-90 euro a megawattora (anche se negoziati sono in corso per alzare questa soglia). Dunque, se la pressione del mercato viene spostata sull’agrivoltaico ci saranno una serie di effetti a catena. Per chi realizza impianti di questo tipo ci sono solo due fonti di ricavi: i contratti di lungo termine con una controparte impresa che acquista una fornitura di energia per un determinato numero di anni (i contratti Ppa). Sono contratti che in Italia hanno cominciato a diffondersi dopo la crisi energetica: le imprese energivore hanno cominciato a stipularli per calmierare i loro costi.

L’unica alternativa ai Ppa sono gli incentivi. Ma se le norme spingono sull’agrivoltaico e bloccano il resto ci sarà come conseguenza una riduzione dei contratti Ppa, perché sarebbe più difficile, a prezzi più elevati, trovare controparti sul mercato. La pressione si sposterebbe sugli incentivi, che per forza di cose sono quelli per l’agrivoltaico. Come abbiamo visto questi incentivi sono più elevati: una quota di essi (circa un miliardo) è finanziata a debito con il Pnnr. Ma se la spinta aumenterà, come inevitabile, quei fondi non basteranno: quindi ci sarà una fetta consistente di oneri di sistema per finanziare gli incentivi (molto più cari di quelli per il fotovoltaico) che finiranno tra le voci previsti in bolletta.

Fonte: Il Sole 24 Ore