
Francia, Macron nominerà un nuovo primo ministro «entro 48 ore»
Nessun voto anticipato. Entro quarantotto ore, ha spiegato mercoledì sera il primo ministro dimissionario Sébastien Lecornu, Emmanuel Macron potrebbe nominare il suo successore a Palazzo Matignon. Le condizioni, ha spiegato, ci sono, c’è nell’Assemblée una maggioranza assoluta che è contraria a uno scioglimento: «Tutte le forze politiche che sono venute a parlarmi, tranne La France Insoumise e il Rassemblement national, mi hanno detto che sarebbe troppo pericoloso non avere un bilancio approvato entro il 31 dicembre». Occorre anche, ha aggiunto, mantenere l’impegno a portare il deficit al di sotto del 5%, una soglia leggermente superiore a quelle finora ipotizzate dalle manovre di Lecornu e, prima di lui, di François Bayou.
L’elemento importante, ha spiegato però il primo ministro uscente, è che si sterilizzino in qualche modo le «legittime» ambizioni presidenziali di tanti esponenti politici. Ci sono troppi «appetiti di parte», e «nella riservatezza delle conversazioni, i dirigenti politici vogliono andare avanti, ma i militanti spingono verso le posizioni più rigide». Lecornu ha quindi rivelato di avere «l’intima convinzione che la squadra che dovrà assumersi le responsabilità, qualunque sia la scelta del presidente della Repubblica, dovrà essere completamente scollegata dalle ambizioni presidenziali per il 2027». +
«Un cammino è ancora possibile», ha quindi detto Lecornu, ripetendo un concetto già espresso al mattino: «C’è la volontà – aveva detto – di approvare un budget per la Francia entro il 31 dicembre. Questa volontà di creare un movimento e una convergenza allontana le prospettive di scoglimento, ma non basta. È ovvio che questo bilancio deve includere una serie di parametri che permettano alla Francia di andare avanti». Sembra escluso un reincarico: «La mia missione è terminata», ha detto, anche se lunedì, per rispettare le scadenze, depositerà un progetto di bilancio.
Il nuovo primo ministro affronterà una situazione politica in parte nuova, modificata radicalmente e bruscamente dalle parole di Elisabeth Borne, l’ex prima ministra (e oggi ministra dimissionaria dell’Istruzione) che varò – senza il voto del Parlamento, invocando le procedure speciali dell’articolo 49.3 della Costituzione – la riforma delle pensioni. Borne si è chiesta se non occorra «sospendere la riforma, se – ha aggiunto – questa è la condizione per la stabilità del paese». La riforma, insomma, non deve diventare un totem. Anche Lecornu ha ammesso che il tema è stato un importante elemento di «blocco» nella costruzione dei compromessi possibili.
Le reazioni alle parole di Borne sono state forti. Il campo presidenziale si è diviso. Il ministro dell’Economia Roland Lescure, un macroniano dal lontano (e breve) passato socialista ha ricordato il prezzo di una sospensione: «Modificare la riforma delle pensioni costerà centinaia di milioni di euro nel 2026 e miliardi nel 2027», e ha invitato ha «tutti» a «fare concessioni» nella consapevolezza che «ognuna di esse avrà un prezzo, e sarà necessario trovare i fondi per finanziarle». Edouard Philippe, alleato di Macron e candidato alle presidenziali del ’27, ha detto no: «Non si può scendere a compromessi con la verità e con il senso di questa riforma delle pensioni: bisogna lavorare di più, ha affermato l’entourage del presidente del partito Horizons. Quindi una sospensione della riforma delle pensioni è esclusa. Il nostro paese non può permetterselo». Al centro destra, Bruno Retailleau, presidente dei Républicains e ministro degli Interni, ha detto che la riforma è una «linea rossa assoluta», da non toccare, alimentando nuovamente le divisioni all’interno del partito: diversi deputati hanno espresso posizioni molto più concilianti.
Fonte: Il Sole 24 Ore