
Frutta esotica risorsa strategica per l’agricoltura: a caccia del «nuovo kiwi»
Ortofrutta alla ricerca del “nuovo Kiwi”, ovvero un prodotto in grado di “sparigliare le carte” e intercettare i nuovi trend di consumo (come la corsa a prodotti con proprietà salutistiche), adattarsi al cambiamento climatico in aree nelle quali le varietà tradizionali sono messe in difficoltà e infine, garantire una prospettiva di redditività agli agricoltori. Il riferimento al kiwi deriva dal fatto che il frutto simbolo della Nuova Zelanda ha rappresentato il primo caso di una varietà alloctona che, a partire dagli anni 90, ha trovato in Italia un proprio territorio d’elezione portando il nostro Paese a diventare nel tempo il secondo produttore nonché esportatore mondiale di kiwi.
La variabile climatica e il progressivo surriscaldamento portano a guardare a varietà tropicali. «È un trend in atto già da qualche anno – ha commentato il responsabile ortofrutta della Coldiretti, Lorenzo Bazzana – che ha premiato soprattutto l’avocado per il quale avevamo stimato mesi fa in Italia una superficie che in pochi anni ha raggiunto i 1.200 ettari soprattutto al Sud con in prima fila Sicilia, Puglia, Calabria e Sardegna. Ma non solo. Ci sono specie tropicali “di ritorno” come il melograno, ma in questa ricerca inserirei anche il cranberry e a riscoperta del moro di gelso che non è tropicale ma che è ricercato per il proprio elevato contenuto di antiossidanti».
Una ricerca che tuttavia è tutt’altro che semplice. «Non si può piantare tutto dappertutto – continua Bazzana -. Occorre verificare se il terreno sia vocato, se quantità di precipitazioni e tasso di umidità siano idonei e, non ultimo, indagare se parassiti di piante autoctone possano attaccare anche quelle importate. Importante in quest’ottica è il ruolo della ricerca che di fronte ai nuovi scenari, andrebbe rilanciata».
La varietà in maggior ascesa tra quelle di recente piantumazione in Italia è l’avocado, come confermato anche dai dati sui consumi elaborati da Cso Italy (Centro Servizi Ortofrutticoli). «L’avocado è ormai al terzo posto per consumi di frutta tropicale in Italia – spiega il direttore del Cso Italy, Elisa Macchi – dietro due pilastri come banane (se ne consumano in Italia 380mila tonnellate) e ananas (39mila). L’avocado oggi è, però, il frutto che performa meglio in assoluto. Gli acquisti al dettaglio sono saliti in meno di 10 anni da mille tonnellate alle attuali 20mila. Fino a 7-8 anni fa le famiglie che acquistavano avocado erano solo il 3%, oggi hanno superato la soglia del 30% nonostante un prezzo medio che nel 2024 ha raggiunto i 6 euro al chilo. Situazione diversa per il mango che dopo aver sfiorato nel 2019 le 9mila tonnellate è oggi attestato attorno alle 5mila».
Tra le aziende in prima fila nel nuovo business del mango made in Italy c’è la siciliana Halaesa, azienda nata nel 2022 che già ha impiantato ad avocado 130 ettari e punta a raggiungere quota 300 entro il 2026. Halaesa effettuerà nelle prossime settimane il primo raccolto che andrà sul mercato. «Raccogliamo tra i 150 e i 180 quintali a ettaro – spiega il co founder di Halaesa, Francesco Mastrandrea –. Abbiamo terreni nel messinese e nel siracusano e ora abbiamo acquistato nuovie superfici a Termini Imerese dove pianteremo nel 2026. Abbiamo convertito all’avocado vigneti, oliveti e seminativi che a causa del clima non producevano più. Sul mercato al momento c’è più domanda che offerta con consumi in costante crescita da 10 anni. Siamo convinti che l’avocado possa seguire la parabola del kiwi con condizioni agronomiche e meteo favorevoli. Il nostro business plan è basato su un prezzo in campo di 3,2 euro al chilo per un prodotto che va sul bancone della Gdo a quota 15-16 euro. Il fatturato massimo di un ettaro di avocado può arrivare tra 45 e 50mila euro, molto meglio della maggioranza dei prodotti ortofrutticoli italiani. Lo scoglio sono le condizioni agronomiche per un prodotto che soffre vento, gelate e ristagno idrico. E non tutti i terreni possono rivelarsi adatti».
Fonte: Il Sole 24 Ore