Germania fra le due guerre. La Nuova Oggettività in mostra al Leopold Museum

Germania fra le due guerre. La Nuova Oggettività in mostra al Leopold Museum

Il periodo fra le due guerre fu per la Germania un laboratorio socio-politico, con la Repubblica di Weimar, ma rappresentò anche un fruttuoso tempo di sperimentazione artistica. A lungo messo in ombra dall’Espressionismo nella percezione dei posteri, il movimento della Nuova Oggettività fu rilevante nell’ineludibile riflessione sulla Grande Guerra e i suoi postumi. Milioni di morti e feriti, centinaia di migliaia di invalidi erano la prova tangibile di un cataclisma che aveva squassato l’Europa alle fondamenta, decretando da un lato la fine dei grandi imperi – da quello tedesco a quello asburgico, da quello russo a quello ottomano – e dall’altro la necessità di reinventare un futuro in cui una diversa organizzazione dello stato sembrava possibile.

Neue Sachlichkeit

Lungi dal ricorrere all’espressività spesso esasperata e al pathos dell’Espressionismo, gli artisti della Neue Sachlichkeit si fecero cronisti della realtà quotidiana, rivolgendo la propria attenzione, a seconda della propria sensibilità, agli orrori della guerra, alla conseguente miseria, alla vita di stenti di milioni di persone di una nazione sommersa dai costi di riparazione imposti dagli Alleati alla fine del primo conflitto mondiale. Oppure diedero voce all’immensa voglia di vivere che stava facendo in particolare di Berlino una capitale del divertimento, della sfrenatezza, della trasgressione, dove tuttavia nei locali notturni frequentati da signori in doppiopetto, le prostitute rivelavano guance scavate e corpi smagriti dalla fame, e dove in stamberghe al riparo delle luci della ribalta si consumavano vessazioni e delitti a sfondo sessuale.

Fra questi due poli della realtà, non furono solo Otto Dix e George Grosz a raccontare quegli anni al tempo stesso ruggenti e desolanti: molti artisti lasciarono il proprio segno nella narrazione di un mondo in metamorfosi, da Max Beckmann a Ernst Barlach, da Lotte Laserstein a Felix Nussbaum, da Christian Schad a Rudolf Schlichter.

Il Leopold Museum di Vienna ne ha individuati una cinquantina e nella mostra “Splendore e miseria. Nuova Oggettività in Germania” presenta fino al 29 settembre un’efficace carrellata delle assai variegate declinazioni di quel movimento, sospese appunto fra lo splendore e la miseria di un’epoca di transizione.

Ed ecco allora i fermi-immagine di notti di svago, oppure la denuncia di piaghe sociali e l’attivo impegno politico a sinistra. O di converso, una visione sostanzialmente apolitica o schierata a destra, che cercava nella tradizione dei secoli passati un conforto e una speranza, attraverso scene idilliache di vita quotidiana e un inno alla semplicità delle cose, come in Georg Schrimpf, Alexander Kanoldt o Josef Mangold. O ancora le asettiche raffigurazioni di meraviglie tecnologiche che promettevano un futuro migliore: da grandi fabbriche a macchinari complessi, da articolate strumentazioni a cantieri edili, come in Rudolf Schlichter o Carl Grossberg.

Fonte: Il Sole 24 Ore