Giappone, Takaichi punta a riscrivere la sicurezza economica per fronteggiare Cina e instabilità globale

Giappone, Takaichi punta a riscrivere la sicurezza economica per fronteggiare Cina e instabilità globale

Tokyo cambia pelle. A settant’anni dalla fine della guerra, il Giappone torna a concepirsi non più solo come potenza economica, ma anche come potenza strategica. Venerdì 7 novembre, nella capitale del Paese,la premier Sanae Takaichi ha incaricato il suo gabinetto di valutare la revisione dell’Economic Security Promotion Act, la legge sulla promozione della sicurezza economica, approvata nel maggio 2022 e pienamente entrata in vigore nel 2023, ma soprattutto uno dei pilastri della strategia nazionale di “sicurezza integrata”, che considera l’economia parte della difesa. Una decisione che è forse l’atto più concreto della nuova linea politica del Paese: trasformare la sicurezza economica da strumento difensivo a pilastro attivo della proiezione internazionale. La legge, per Takaichi, dovrà essere riscritta per adattarsi a uno scenario globale, che la premier ha definito «il più complesso e pericoloso dalla fine della Seconda Guerra Mondiale».

Sono anni che Tokyo vive un processo di ridefinizione strategica reso necessario dalle fratture dell’ordine globale. L’instabilità del Mar Cinese Orientale, la competizione tecnologica con Pechino, la guerra russa in Ucraina e le incertezze legate all’alleanza con Washington hanno spinto la leadership nipponica a riconsiderare il concetto stesso di sicurezza. La nuova visione, sostenuta dalla ministra della Sicurezza economica Onoda Kimi, parte da un presupposto semplice ma radicale: nell’economia interconnessa del XXI secolo, l’autonomia industriale e tecnologica è parte integrante della sovranità nazionale.

Takaichi ha ordinato l’avvio immediato di consultazioni con esperti e ministeri per aggiornare l’impianto normativo e costruire un think tank dedicato alla sicurezza economica. Con un obiettivo duplice: rafforzare le catene di approvvigionamento di materiali strategici, come minerali rari e componenti elettronici, e proteggere le infrastrutture critiche – dai cavi di comunicazione sottomarini alle reti digitali – da interferenze e acquisizioni ostili. In sostanza, il Giappone vuole passare da una logica di mera difesa a una di resilienza attiva, che includa incentivi pubblici, alleanze industriali e strumenti di sorveglianza tecnologica.

Il contesto che ha spinto il governo a muoversi con questa rapidità è legato al mutamento della geografia del potere economico mondiale. Dopo la pandemia, le catene di fornitura giapponesi hanno mostrato una fragilità sorprendente: la dipendenza da Pechino per gallio, germanio e terre rare ha rallentato la produzione di semiconduttori e batterie. Le restrizioni cinesi all’export di questi materiali hanno messo in evidenza la vulnerabilità di Tokyo e l’urgenza di assicurarsi canali alternativi. Ed è proprio con questa lente che va letto l’accordo siglato lo scorso ottobre tra Takaichi e l’amministrazione Trump per l’esplorazione congiunta di risorse minerarie nell’oceano Pacifico, vicino all’atollo di Minamitori: un progetto di cooperazione economica ma, di fatto, anche una manovra di deterrenza politica verso Pechino.

Fonte: Il Sole 24 Ore