
Giustizia, l’Ia aiuta l’efficienza ma al centro resta il giudizio umano
Negli studi legali
In parallelo, cresce l’interesse degli avvocati per le potenzialità dei modelli di intelligenza artificiale. A dare uno spaccato delle dimensioni del fenomeno è l’indagine su Ia e avvocatura condotta dall’Ordine degli avvocati di Milano e dal Sole 24 Ore: la seconda edizione, arrivata a un anno di distanza dalla prima, è stata presentata a maggio scorso nell’ambito di «Talk to the future», la settimana di incontri ed eventi organizzata dallo stesso Ordine degli avvocati di Milano.
Ebbene, l’indagine rivela che tra gli avvocati milanesi più di uno su due utilizza sistemi di intelligenza artificiale, con una crescita del 20% in un anno: dal 32,4% del 2024 al 54,5% del 2025. Sono evidenziati picchi di utilizzo tra i giovani avvocati fino a 35 anni (il 74,4% impiega l’Ia nel 2025, contro il 41% dell’anno scorso) e negli studi con più di dieci professionisti (la usa il 69,8% dei legali, a fronte del 43,9% del 2024). Quanto alle attività, gli avvocati impiegano le soluzioni di Ia soprattutto per sintetizzare i testi, effettuare ricerche giurisprudenziali ed elaborare bozze di pareri.
«L’Ia sta trasformando l’approccio degli avvocati all’uso della tecnologia per l’attività professionale», ragiona il presidente degli avvocati milanesi, Antonino La Lumia. «I nuovi strumenti – prosegue – consentono ricerche giurisprudenziali più mirate, non solo per parole-chiave ma discorsive, permettono di confrontare rapidamente le varie versione dei contratti e di svolgere la due diligence, sgravando i legali dalle attività seriali e liberando tempo per ragionare sulle strategie e sul lavoro di qualità».
Certo, si tratta di usi non esenti da rischi, anche per via delle “allucinazioni” dell’Ia, come ha messo in luce una pronuncia del Tribunale di Firenze dello scorso 14 marzo. I giudici hanno dovuto valutare la condotta di un avvocato che aveva inserito nella comparsa di costituzione sentenze inventate dall’Ia (frutto di una ricerca fatta da una collaboratrice di studio, si legge nella pronuncia, e non verificate dai professionisti). Il Tribunale ha escluso la responsabilità aggravata per lite temeraria a carico dell’avvocato, ma ha censurato «il disvalore relativo all’omessa verifica dell’effettiva esistenza delle sentenze risultanti dall’interrogazione dell’Ia».
Anche in questo ambito, il disegno di legge sull’Ia fissa un argine, affermando che nelle professioni i nuovi modelli possono essere usati solo per «attività strumentali e di supporto», mentre deve restare prevalente il lavoro intellettuale e comunque occorre informare i clienti sui sistemi utilizzati. Indicazioni più dettagliate sono contenute nella «Carta dei principi» per l’uso dell’Ia in ambito forense, elaborata sempre dall’Ordine degli avvocati di Milano: vengono ribadite la centralità della decisione umana e la necessità di trasparenza; e si parla anche di dovere di competenza e formazione per un uso consapevole degli strumenti e di attenzione alla sicurezza e alla privacy. «Vogliamo evitare il rischio di appiattimento sui risultati – osserva La Lumia –. L’avvocato deve tenere il timone, anche perché la responsabilità resta in capo a lui».
Fonte: Il Sole 24 Ore