Gjader, il Tavolo asilo e immigrazione conferma le criticità strutturali

Gjader, il Tavolo asilo e immigrazione conferma le criticità strutturali

Mancanza di trasparenza nei trasferimenti, assunzione di psicofarmaci da parte di alcune persone trattenute, criticità strutturalie violazione dei diritti umani. La denuncia di un sistema che «appare fallimentare sotto ogni profilo: giuridico, umano, gestionale ed economico» arriva dopo lamissione messa in atto dal Tavolo Asilo e Immigrazione (Tai), in collaborazione con il Gruppo di contatto parlamentare – composto da parlamentari di Camera, Senato ed eurodeputati – ha svolto ieri una nuova missione di monitoraggio in Albania, presso ilcentro diGjader. La struttura di detenzione realizzata dal Governo italiano nell’ambito delProtocollo Italia–Albania, in cui vengono trattenute persone trasferite dai cpr italiani in attesa del rimpatrio. Alla missione ha partecipato anche la campagna «Sbilanciamoci!» che, in occasione della discussione della legge di Bilancio 2026, sta promuovendo in tutta Italia una carovana di iniziative per un’economia di pace.

La sentenza della Cassazione

La missione, alla presenza dei parlamentari Matteo Orfini, Rachele Scarpa e Riccardo Magi, si è svolta – come informa il Tai con una nota – in un momento di particolare rilievo politico e giuridico, a seguito dell’ordinanza 23105/2025 della Cassazione, che ha disposto un rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia dell’Unione europea. La Suprema Corte ha chiesto alla Corte Ue di valutare se il Protocollo Italia–Albania sia compatibile con la Direttiva europea sui rimpatri (2008/115/CE), sottolineando che il trattenimento in Albania avviene in un Paese terzo non membro dell’Ue e potrebbe quindi non rispettare le garanzie e i limiti stabiliti dal diritto europeo in materia di privazione della libertà personale.

Gli immigrati presenti e i rimpatri

Questo il quadro fornito in base alle informazioni aggiornate acquisite dal Tai: «Da agosto i trasferimenti dall’Italia proseguono regolarmente, circa ogni due settimane, con un aumento a una frequenza settimanale da ottobre; l’ultimo identificativo assegnato è il n. 219; attualmente sono presenti 25 persone, con una media stabile di 20 e un minimo registrato di 12». Un quadro che solleva forti perplessità sul piano dei diritti e sui costi di una struttura costruita e mantenuta con ingenti risorse pubbliche, ma utilizzata solo in minima parte: «un vero e proprio spreco di denaro pubblico a fronte di risultati inconsistenti e di gravi ricadute sui diritti delle persone coinvolte».

Nel mirino della missione sono finiti anche i presupposti dei rimpatri. «Circa il 70% delle persone trattenute è stato riportato in Italia per mancata convalida del trattenimento, mentre il restante 30% riguarda casi di non idoneità o rimpatri disposti dall’Italia. Si tratta, nei fatti – si legge nella nota – di trattenimenti privi di base legale, in violazione della Direttiva rimpatri e della giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo, che ha già condannato l’Italia per pratiche analoghe di privazione arbitraria della libertà personale».

Fonte: Il Sole 24 Ore