Gli omaggi a Pierre Lacotte alla Scala e all’Opera di Roma

Gli omaggi a Pierre Lacotte alla Scala e all’Opera di Roma

Recuperare i manoscritti, le notazioni, le partiture, le trascrizioni e i resoconti dell’epoca, rispolverare i ricordi, rifare i segmenti delle coreografie perdute: sono questi alcuni dei tratti che il ballerino e coreografo Pierre Lacotte adottò nel 2001 nel suo progetto di allestimento dell’antico balletto del 1846 per l’Opéra de Paris. Un titolo, quello di “Paquita”, in grado di svelare il coté brioso, vivace e virtuoso della coreografia ottocentesca qui rimaneggiata rispettando le estetiche proprie della danza di due secoli fa ma adattata ai danzatori dell’epoca presente, come a osservare una prassi peculiare, nonché ineludibile, dello sviluppo storico dell’arte di Tersicore.

Oggi il lavoro approda per la prima volta alla Scala in una nuova produzione con le scene e i costumi di Luisa Spinatelli che torna nei dintorni di Saragozza dopo venticinque anni dalla prima francese ripensando un armonioso allestimento interamente realizzato dalle maestranze scaligere adottando la sua distintiva cifra stilistica della tradizione pittorica della scena dipinta. Oltre duecento i costumi di ispirazione storica confezionati in perfetta corrispondenza con i figurini dell’epoca della creazione: irresistibili, segnatamente, i corpetti color granato del corpo di ballo.

Jean-Guillaume Bart e Gil Isoart sono i due Professeurs du Ballet de l’Opéra de Paris incaricati della ripresa coreografica qui alla Scala alle prese anche con l’arduo tentativo di rispolverare taluni cardini dello stile francese e che la “troupe” del Piermarini recepisce validamente. Sotto questo profilo una nota di merito è da riservare alla prima ballerina “étoile” del teatro impegnata nel ruolo del titolo, fin dalla prima rappresentazione Nicoletta Manni palesa disinvoltura, tempra e smalto tecnico riuscendo a regalare tratti convincenti anche nelle azioni mimiche del primo atto nonostante l’esile profilo drammaturgico dell’opera. Salda la tecnica di Nicola Del Freo nei panni di Lucien d’Hervilly benché restino da ingentilire i “port de bras”.

Una vera leccornia sono il “pas de trois” del primo atto e il “Grand pas” del secondo atto che gli scaligeri consegnano vigorosamente archiviando rapidamente alcuni sincronismi non sempre eccellenti dei primi segmenti del balletto. Un appuntamento imperdibile e un’autentica ghiottoneria per gli estimatori del balletto è questa “Paquita” presentata come omaggio a Pierre Lacotte e al suo lavoro per la rinascita dello storico titolo su musica di Deldevez e Minkus qui affidata alla revisione e al completamento di David Coleman.

Fonte: Il Sole 24 Ore