
Green Deal, «basta follie verdi»: ecco gli stop e i tre paletti di Meloni
C’è anche la transizione ecologica all’ordine del giorno del Consiglio europeo in corso oggi e domani a Bruxelles. Preceduto da un alt in piena regola del Governo italiano, annunciato ieri alle Camere da Giorgia Meloni, alla proposta di revisione della Commissione Ue alla legge europea per il clima. E da una serie di paletti al Green Deal messi in fila dalla premier, che dopo l’attacco all’«ambientalismo ideologico» già sferrato all’assemblea generale dell’Onu a New York ha stigmatizzato con durezza le «follie verdi» che danneggiano l’industria italiana ed europea, a cominciare dall’automotive.
Il “no” italiano alla proposta di Bruxelles
Meloni ha chiarito che l’Italia non sosterrà l’emendamento dell’Esecutivo comunitario alla legge europea per il clima con cui si intende fissare un nuovo obiettivo intermedio di taglio delle emissioni nette del 90% entro il 2040 rispetto al livello del 1990, come tappa verso il target finale del 100% entro il 2050. La premier ha assicurato che l’Italia continuerà a sostenere un «ambizioso percorso di riduzione delle emissioni», ma mai più rincorrendo «un approccio ideologico e pertanto irragionevole, che impone obiettivi insostenibili e irraggiungibili, che producono danni al nostro tessuto economico-industriale, indeboliscono le nazioni europee e rischiano di compromettere definitivamente la credibilità stessa dell’Unione europea».
L’appello per un nuovo pragmatismo
«Noi vogliamo abbandonare quell’approccio ideologico che ha caratterizzato la stagione del Green deal – ha scandito in Aula la premier nelle comunicazioni alla vigilia del Consiglio europeo – per abbracciare un pragmatismo serio e ben ancorato al principio di neutralità tecnologica». Chiara, dunque, la richiesta dell’Italia: non limitarsi a piccole revisioni dell’iter immaginato, ma voltare pagina e cambiare paradigma. Ne va, per il Governo, la credibilità dell’Unione: «Come possiamo risultare credibili agli occhi dei nostri partner internazionali, e degli investitori, se ci poniamo obiettivi inverosimili, perfino dannosi, per chi volesse fare impresa in Europa e in Italia?».
Tre ambiti in cui voltare pagina
Meloni ha indicato tre ambiti in cui questo mutamento di approccio dovrebbe sostanziarsi, considerando le energie da fonti rinnovabili una componente, ma non l’unica, di un sistema «equilibrato, tecnologicamente attrezzato per contenere al massimo le emissioni». Il primo, per giustificare l’introduzione dell’obiettivo intermedio al 2040, riguarda la garanzia di «condizioni abilitanti»: strumenti – li ha definiti Meloni – che consentano di raggiungere gli scopi «senza compromettere irrimediabilmente l’economia europea, a vantaggio, peraltro, di un numero sempre più alto di concorrenti strategici a livello globale, che fanno salti di gioia di fronte alle follie verdi che ci siamo autoimposti e che vogliamo continuare ad autoimporci».
Il conteggio dei crediti internazionali
Il Governo chiede di poter conteggiare fino al 5% (degli obiettivi a livello Ue e nazionali) i “crediti internazionali”, ossia quei progetti di cooperazione internazionale anti-emissioni di carbonio che l’Ue e gli Stati membri finanziano in Paesi terzi. Considerando che le emissioni europee valgono circa il 6% di quelle globali, «non è trascurabile – per Meloni – il valore che ha, ai fini dell’obiettivo finale, favorire un’economia sostenibile nei Paesi in via di sviluppo». Scontato l’interesse italiano: far valere il peso del Piano Mattei e del suo focus sui progetti ambientali. Come il sostegno alla strategia internazionale di rafforzamento dell’accesso all’energia elettrica “Mission 300”, i progetti dalla Costa d’Avorio al Congo, le iniziative Ascent cofinanziate con la Banca mondiale in Tanzania e in Mozambico per ampliare l’accesso all’energia da fonti rinnovabili. Non solo: l’Italia sollecita la massima flessibilità nella contabilizzazione dei tagli alle emissioni ottenute dai diversi sistemi di cattura del carbonio in uso e l’adozione di una «robusta clausola di revisione» degli obiettivi climatici della legge clima, capace di valutare a cinque anni progressi e azioni.
Fonte: Il Sole 24 Ore