Grulli: progetto ambizioso e di grande visibilità, che agevola la raccolta di fondi e sponsor
Antonio Grulli, spezino classe 1979, si è formato a Bologna ed è un critico d’arte e curatore indipendente, membro permanente del board dello spazio Viafarini di Milano, ha curato i progetti «Sentimiento Nuevo» al MAMbo di Bologna e Festa Mobile, entrambi una ricerca sulla critica d’arte iniziata nel 2009 e terminata all’interno dell’Accademia di belle arti HEAD di Ginevra. Ha curato l’edizione 2023 di “Luci d’Artista” a Torino e lo scorso anno è stato curatore delle residenze artistiche assegnate a giovani creativi negli spazi del complesso dei SS. Cosma e Damiano alla Giudecca, di Palazzo Carminati e dell’ex emeroteca di Mestre grazie alla collaborazione tra la Fondazione Bevilacqua La Masa con la Fondazione Musei Civici di Venezia.
Ci racconti di te, del tuo percorso e della tua visione curatoriale? Soprattutto quali mostre che per impatto ed importanza possono essere qualificanti del tuo percorso?
Ho mosso i primi passi nel mondo dell’arte attorno al 2003, quando ancora studiavo, e fino a pochi anni fa ho sempre portato avanti una forma di curatela indipendente dalle istituzioni. Nel 2023 sono diventato curatore dello storico progetto di arte pubblica Luci d’Artista a Torino, e nel luglio 2025 ha preso avvio la mia direzione del CAMeC – Centro d’Arte Moderna e Contemporanea di La Spezia, da poco rilanciato grazie a una partnership tra il Comune di La Spezia e la Fondazione Carispezia. Fino a ottobre inoltre curerò il programma di studi della Bevilacqua La Masa di Venezia. Tra i progetti a cui mi sento più affezionato menzionerei Sentimiento Nuevo, una ricognizione lungo un intero anno sulla critica d’arte italiana realizzata nel 2011 al MAMbo di Bologna, e Giardino all’italiana, grande collettiva di pittura tenutasi a Lubiana presso la Match Gallery nel 2023.
Guardando al passato c’è un Padiglione Italia che ti ha particolarmente colpito o ispirato e quali errori non vanno ripetuti? E ampliando lo sguardo a quelli internazionali?
Sicuramente il Padiglione Italia di Massimo Bartolini del 2024 ha toccato a mio parere un vertice molto alto, così come riconosciuto da tutti. Tra i padiglioni internazionali invece, quelli a cui mi sento più affezionato probabilmente sono il padiglione austriaco del 2005 di Hans Schabus, intitolato «The Last Land, Ragnar Kjartansson» per l’Islanda («The End», 2009), il padiglione tedesco di Christoph Schlingensief («Church of Fear», 2011), Francis Alÿs per il Belgio («Children’s Game», 2022). Mi ha molto colpito anche Anne Imhof nel 2017 con il suo padiglione tedesco.
Fonte: Il Sole 24 Ore