Guerra ai superbatteri: l’Italia avanza nella corsa ai nuovi antibiotici

Guerra ai superbatteri: l’Italia avanza nella corsa ai nuovi antibiotici

I superbatteri e la loro resistenza alle terapie rappresentano una delle sfide dei sistemi sanitari a livello globale. Il G7 Salute ospitato dall’Italia ad Ancona a ottobre 2024 ha scommesso su questa sfida, e il nostro Paese con il ministro della Salute Orazio Schillaci si è fatto promotore di strategie e piani ad hoc contro l’antimicrobicoresistenza. Ora uno studio pubblicato su ‘The Lancet eClinicalMedicine’ ha analizzato il contributo economico dei Paesi del G7 e dell’Unione europea all’innovazione nel campo degli antibiotici, con particolare attenzione agli strumenti cosiddetti ‘pull’ e ‘push’, pensati per sostenere economicamente lo sviluppo di nuovi farmaci antibatterici e scelti proprio dal ministero della Salute per aiutare lo sviluppo di nuove armi contro i superbug. Con l’Italia che si piazza tra i Paesi ora di punta nella corsa verso nuovi efficaci e preziosi antibiotici.

Lo studio su Lancet e le 11 milioni di vite da salvare

La ricerca evidenzia una recente stima secondo cui 11 milioni di vite potrebbero essere salvate entro il 2050 con una pipeline migliorata di farmaci antimicrobici mirati ai batteri Gram-negativi. Lo studio su Lancet parte dal fatto che oggi lo sviluppo di nuovi antibiotici è per l’industria farmaceutica un comparto non attrattivo, e servono strumenti – economici ma non solo – che possano supportare l’innovazione nel settore. Gli autori hanno cercato di capire se i principali Paesi ad alto reddito stiano contribuendo in modo equo, in base alla loro capacità economica, a sostenere la ricerca e lo sviluppo di antibiotici. Il lavoro ha esaminato i dati annuali sui ricavi e sui volumi degli antibiotici (due in particolare, cefiderocol e ceftazidime-avibactam), per stimare se i Paesi del gruppo G7 più quelli dell’Ue a 27 stiano realizzando investimenti nel campo. In particolare, lo studio ha identificato una soglia di ricavi equa per ciascun Paese, proporzionale al Pil, e l’ha confrontata con i ricavi delle aziende effettivamente generati dalla vendita dei due antibiotici considerati rappresentativi. L’analisi si è basata sui dati di vendita raccolti da Iqvia tra il 2015 e il 2024, e ha preso in considerazione tre possibili scenari: basso, intermedio e alto, con il valore intermedio fissato a circa 363 milioni di dollari l’anno per ciascun farmaco (valore aggiornato all’inflazione).

Italia e Inghilterra con i migliori risultati

Nel complesso, il gruppone G7 e Ue a 27 “non ha raggiunto gli obiettivi cumulativi di medio termine – osservano i ricercatori – Il Regno Unito ha raggiunto gli obiettivi annuali di medio termine grazie ad un suo programma specifico di ‘abbonamento’ agli antibiotici (le aziende ricevono un pagamento fisso annuo, indipendente dal numero di dosi vendute). L’Italia ha raggiunto gli obiettivi di medio termine per un maggiore utilizzo dei farmaci, dovuto a un contesto epidemiologico caratterizzato da una maggiore diffusione di ceppi resistenti, e in più per lo sviluppo di nuove politiche di rimborso e in particolare l’istituzione di un Fondo nazionale per gli antibiotici ‘orfani’, approvato nel 2025 con una dotazione di 100 milioni di euro all’anno. Gli incentivi ‘pull’ per gli antibatterici tedeschi, francesi e giapponesi non hanno raggiunto gli obiettivi di medio termine. Nessun membro del G7 ha raggiunto gli obiettivi di fascia alta con gli attuali prezzi o i volumi”. In conclusione, “un incentivo ‘pull’ di garanzia dei ricavi per le aziende, progettato per integrare i ricavi di mercato, potrebbe sostenere l’innovazione e accelerare l’accesso senza dipendere dai prezzi o volumi più elevati. I progressi nel Regno Unito e in Italia dimostrano che il raggiungimento degli obiettivi di ‘equa condivisione’ è realizzabile in diversi contesti nazionali”, conclude lo studio.

Rasi: l’Italia ha scelto strada giusta nella ricerca e sviluppo

“Lo studio su ‘Lancet’ dimostra che l’Italia ha fatto la scelta giusta nella strategia per incentivare la ricerca e lo sviluppo di nuovi antibiotici, vista anche la nostra situazione non felicissima per quanto riguarda l’antimicrobico resistenza. Il nostro modello può essere preso ad esempio e se più paesi seguiranno la nostra strada ci sarà la massa critica per favorire il ritorno di investimenti dell’industria su nuovi antibiotici”, avverte Guido Rasi, professore di Microbiologia al’Università Tor Vergata di Roma e già direttore generale di Ema (l’Agenzia europea dei medicinali), intervenendo sullo studio pubblicato su ‘The Lancet eClinicalMedicine’ che ha analizzato il contributo economico dei Paesi del G7 e dell’Unione europea all’innovazione nel campo degli antibiotici, con particolare attenzione agli strumenti cosiddetti ‘pull’ e ‘push’, e l’Italia si è dimostrata tra i migliori paesi Ue.

Fonte: Il Sole 24 Ore