Housing sociale, una sfida che chiama in causa pubblico e privato

Housing sociale, una sfida che chiama in causa pubblico e privato

Fiducia, allineamento tra i vari soggetti, solidarietà, accompagnamento all’abitare, cooperazione, impegno: sono le parole chiave su cui dovrà basarsi non solo l’housing sociale, ma anche e soprattutto le politiche cittadine. Perché una città che non riesce a trattenere i giovani e il ceto medio, si deteriora. È quanto emerso durante il dibattito No Need to Leave: affordable Milano, all’interno del festival festival internazionale di city making Utopian hours, in cui Lombardini 22 ha lanciato una riflessione sulle nuove politiche abitative e le sfide che devono affrontare le città.

Prendendo Milano, nel 2025 chi ci vive spende più del 40% del suo stipendio in affitto o mutuo. Una spesa non sostenibile per studenti e giovani lavoratori, due categorie attratte dalla città, ma impossibilitate a rimanere per gli alti costi abitativi. «Lasciare scoperta tutta una fetta di mercato causa, in prospettiva, problemi di carattere economico – così è intervenuto Juri Franzosi, direttore generale di Lombardini 22 -. Quello che abbiamo fatto noi è partire dal bisogno di questa fetta di mercato e andare a ritroso, capendo cosa si può fare e cosa no. Mancano i fondi pubblici, la ricchezza è nelle mani dei privati, ed è questa ricchezza che dobbiamo attivare».

«La parola chiave – ha proseguito – è fiducia. Un sistema produttivo frazionato fatica a lavorare insieme e costruire un modello nuovo. Non credo che avremo condizioni di finanza pubblica e di mercato che ci consentiranno di superare il disagio abitativo, come invece succede all’estero: significa che dobbiamo trovare una formula italiana».

Il punto è cambiare mentalità: una casa pensata non per essere l’abitazione per la vita, ma un luogo di passaggio, che consenta a chi ci vive di crescere e stabilisrsi. «Il prodotto che dobbiamo fare è una casa “che ti permette di”, che sia quindi temporanea. In questo modo riusciamo a connettere il patrimonio unitilizzato con le esigenze abitative, ma per farlo dobbiamo creare un modello che sia in grado di attrarre investimenti privati, con volumi di capitale significativo».

Un modo di agire è la collaborazione con le imprese. Intercettare quelle aziende che faticano a trovare giovani lavoratori proprio per gli alti costi abitativi che quest’ultimi dovrebbero sostenere. È quello per esempio che sta cercando di fare Nhood, società di soluzioni immobiliari che sta portando avanti il progetto di riqualificazione urbana dello scalo ferroviario Ravone-Prati a Bologna. «Oltre a lavorare con banche e cooperative, abbiamo coinvolto anche Confindustria – ha spiegato Carlo Masseroli, manager della società -. La proposta che abbiamo fatto alle imprese è di comprare gli alloggi a 3.800 euro al mq, per poi usarli come strumento di welfare per trovare sistemazione ai propri lavoratori e attrarre talenti. In questo modo si innesta un meccanismo di attivazione dei capitali privati».

Fonte: Il Sole 24 Ore