I 100 marchi di Interbrand valgono 36,6 trilioni di dollari (+4,4% sul 2024)

I 100 marchi di Interbrand valgono 36,6 trilioni di dollari (+4,4% sul 2024)

Cresce ancora il valore complessivo dei cento marchi inseriti ogni anno da Interbrand nella sua classifica “Best Global Brands”, presentata per la prima volta nel 2000: nel 2025 il dato è arrivato a 3,6 trilioni, con un incremento del 4,4%, rispetto ai 3,4 trilioni nel 2024. Quest’anno la classifica si distingue per un forte dinamismo, con dodici nuovi ingressi (mai così tanti da 25 anni), crescite record e alcune significative flessioni. «L’espansione dei servizi digitali e l’ascesa dell’intelligenza artificiale stanno accelerando come mai prima d’ora l’affermazione di nuovi leader di mercato. L’innovazione dirompente si conferma così una delle forze chiave che ridefiniscono i brand globali», spiega Gonzalo Brujó, global ceo di Interbrand.

I primi tre classificati e i criteri seguiti da Interbrand

Sul podio, come accade da molti anni, ci sono Apple, Microsoft e Amazon e anche gli “scalatori” della classifica sono marchi o aziende del settore tech: Nvidia, Instagram, YouTube, Uber e Netflix. Per essere inclusi nella classifica di Interbrand – società di analisi del valore dei marchi e pioniera del settore – i brand devono soddisfare i seguenti criteri: primo, essere sufficientemente disponibili dati pubblici relativi alle performance finanziaria del brand; secondo, una significativa porzione dei ricavi deve provenire da Paesi al di fuori di quello di origine del brand; terzo, il brand deve avere una presenza globale e una penetrazione nei mercati emergenti; quarto deve esserci l’aspettativa di un profitto economico positivo nel lungo termine, generando un ritorno superiore al costo del capitale; quinto, il brand deve avere un profilo pubblico e un livello di notorietà sufficiente nelle principali economie mondiali; sesto, “il punteggio di “Brand Strength Score” del brand deve essere pari o superiore a 50.

Come si calcola il valore di ogni marchio

La metodologia di brand valuation di Interbrand – che si concretitizza in una cifra in dollari – prende in considerazione tre fattori: la performance finanziaria dei prodotti o servizi contraddistinti dal brand; il ruolo svolto dal brand nel processo d’acquisto (role of brand) e la forza competitiva del brand, di conseguenza la sua capacità di creare fidelizzazione e di sostenere domanda e margini nel lungo periodo (brand strength). Partendo dal prsupposto che i brand che aspirino alla vera leadership non devono solo offrire esperienze eccezionali ai propri clienti, ma sono sempre più chiamati ad agire con integrità, facendo ciò che è più giusto per le persone e per il pianeta, Interbrand ha integrato nel suo metodo di valutazione la rilevanza e l’impatto delle attività ambientali, sociali e di governance (Esg)) di un brand.

La presenza italiana si concentra nell’alta gamma

Il lusso nel suo complesso ha faticato. In questo contesto, Prada (#86) ha segnato un aumento dell’8%. Hermès (#21), il brand del lusso in più rapida crescita, ha registrato un aumento del 18% in termini di valore e un incremento di una posizione. Louis Vuitton (#12) ha perso il 5% di valore, Gucci (#69) esce dalla top 50. Chanel (#24, -8%) ha mantenuto la sua posizione nella top 25. Per quanto riguarda in particolare il soft luxury o lusso accessibile, l’aumento dei prezzi protrattosi oltre il periodo post pandemico, unito alla mancanza di veri e propri successivi creativi, ha allontanato diverse fasce di clienti, frenando l’intero settore. Il primo brand italiano della classifica è Ferrari, al 54° posto e in forte crescita in quanto a valore (+17% rispetto al 2024). «Ferrari rafforza il suo posizionamento come brand di lusso a pieno titolo, acquisendo credibilità nell’ambito del fashion e mantenendo intatta la desiderabilità di tutto ciò che è Ferrari, anche se è BYD il più grande disruptor nel mercato automotive dalla comparsa di Tesla – sottolinea Manfredi Ricca, Global Chief Strategy Officer di Interbrand -. Il prodotto, di livello mondiale, ha registrato significativi progressi nel mercato europeo, ampliando la sua presenza a partire dalla base asiatica. Tuttavia, BYD deve prestare attenzione: senza investimenti per rafforzare la narrativa del brand, questa crescita non sarà sostenibile».

Fonte: Il Sole 24 Ore