I cento anni di Kissinger: come evitare la terza guerra mondiale

Rifugiato negli Stati Uniti dalla natia Germania

Nato nel 1923 come “Heinz” Kissinger a Fürth (città nel nord della Baviera) in una famiglia ebraica tedesca, lascerà con i genitori la Germania nel 1938 per sfuggire alle persecuzioni antisemite del nazismo, trovando rifugio prima a Londra e poi negli Stati Uniti, dove cambierà il nome in Henry. Lavorò anche come operaio per poter proseguire gli studi, ma con il sopraggiungere della guerra, nel 1943 (insieme al fratello Walter) si arruolò nell’esercito degli Stati Uniti e venne ingaggiato come traduttore e interprete di tedesco, acquisendo la cittadinanza americana. Finita la guerra, nel 1947 fece richiesta di ammissione all’università di Harvard e la sua domanda fu accolta. Cominciava per lui a 24 anni un altro periodo della sua vita.

Poche settimane fa, essendo vicina la ricorrenza del “centenario”, Kissinger ha concesso un’ampia intervista alla rete televisiva americana Cbs e ha ricevuto gli inviati del settimanale britannico “The Economist” conversando con loro per otto ore in due giorni. Sorge spontaneo il paragone con un altro grande diplomatico e saggista americano del secondo dopoguerra, George Kennan (nato nel 1904 e scomparso nel 2005 alla veneranda età di 101 anni). Incaricato d’affari a Mosca ed esperto di cose sovietiche, oltre che fine analista, il 22 febbraio 1946 Kennan spedì a Washington il “lungo telegramma” (8 mila parole), che nella Guerra fredda diventerà la base della politica americana di “containment” del temuto espansionismo sovietico; negli anni successivi Kennan diventerà un convinto assertore della distensione Usa-Urss.

Usa e Cina: meno di 10 anni per evitare lo scontro totale

Secondo Henry Kissinger gli Stati Uniti e la Cina hanno soltanto da cinque a dieci anni di tempo per evitare la Terza guerra mondiale. Invece che dal binomio di Washington con Mosca, adesso il destino dell’umanità dipende da quello con Pechino: «Il test più urgente, dove si potrà vedere la capacità di convivenza tra le due maggiori potenze, è la questione di Taiwan», così leggiamo su “The Economist”, che ha ripreso la conversazione sul numero datato 20-26 maggio. «Oggi siamo sulla strada del confronto tra grandi potenze, dove entrambe pensano che l’altra rappresenti un pericolo, non solo a livello militare, ma anche e soprattutto a livello economico e tecnologico». Una classica situazione di pre-guerra, dove nessuna delle due parti ha molto margine di concessione politica e in cui qualsiasi disturbo dell’equilibrio può portare a conseguenze catastrofiche. «Se dopo la Guerra dei trent’anni, le guerre di Napoleone e il secondo conflitto mondiale il progresso dell’umanità è ripreso, questa volta, con le armi nucleari, non sarebbe più così».

Dall’intelligenza artificiale una possibile minaccia

Ma Stati Uniti e Cina devono trovare il modo di convivere. Ai tempi della presidenza Nixon negli Stati Uniti c’erano inimicizie e ostilità, ma rimaneva ancora un certo qual grado di unità nella nazione, mentre adesso Trump e Biden sono andati sopra le righe. Per Kissinger, oltre alla minaccia nucleare, c’è il pericolo di una guerra tecnologica, distruttiva per l’uso improprio di strumenti come l’intelligenza artificiale. Una vera ossessione per lui, al punto da fargli immaginare pestilenze globali o altre pandemie, da cui l’assoluta necessità di leader responsabili. Kissinger racconta che, quando accompagnò Nixon nella prima visita in Cina del febbraio 1972, soltanto Mao Zedong aveva l’autorità di negoziare su Taiwan, ma quando Nixon sollevò il tema con lui, Mao disse: «Io sono un filosofo, non tratto questi argomenti». Fu invece il primo ministro Zhou Enlai a parlare di Taiwan con Kissinger: «Sono una brigata di controrivoluzionari, adesso non abbiamo bisogno di loro. Forse un giorno, chissà. Ma c’è tempo, possiamo aspettare cento anni».

Lo status quo del 24 febbraio 2022

Kissinger ha parlato anche dell’Ucraina con una sorprendente proposta: il primo passo per evitare disastri, specie in Europa, è far aderire Kiev alla Nato. Kissinger ha lodato il presidente ucraino Zelensky, mentre «quello che gli europei affermano è pericoloso, in quanto sostengono di non volere l’Ucraina nell’Alleanza atlantica, perché tale scenario sarebbe un rischio troppo grande di uno scontro aperto con la Russia. Stiamo mandando agli ucraini le armi più avanzate, ma non dovremmo porre fine alla guerra nel modo sbagliato». Supponendo che il risultato più probabile dovrebbe portarci allo status quo esistente prima dell’invasione russa del 24 febbraio 2022, l’obiettivo dovrebbe essere quello in cui l’Ucraina rimanga protetta dall’Europa e non diventi uno Stato solitario che bada solo a se stesso.«Se parlassi con il presidente russo Putin, gli direi che anche lui starebbe più al sicuro con l’Ucraina nella Nato. Se la guerra finirà, come può succedere, con la Russia che perderà buona parte dei suoi successi ottenuti in battaglia, ma conservando la base di Sebastopoli in Crimea, potremmo avere una Russia insoddisfatta, ma anche un’Ucraina insoddisfatta. Dunque «per la sicurezza europea, è meglio avere l’Ucraina nella Nato, dove non potrebbe prendere da sola decisioni sulle rivendicazioni territoriali».

Fonte: Il Sole 24 Ore