I dazi Usa raddoppiano al 50%, stangata sull’export indiano

I dazi Usa raddoppiano al 50%, stangata sull’export indiano

Dal nostro corrispondente

NEW DELHI – La maggior parte dei terremoti politici e commerciali innescati in Asia da Donald Trump sono stati prevedibili, è il caso della Cina, o affrontati dalle “vittime” in maniera tale da assorbirne le scosse, come hanno fatto Giappone e Corea del Sud. L’eccezione a entrambe le regole è l’India, che dopo decenni di avvicinamento a Washington, oggi verrà spinta ai margini dell’impero trumpiano d’Oriente da un inusitato raddoppio dei già altissimi dazi applicati ai propri prodotti: dal 25 al 50 per cento.

Le nuove tariffe, formalmente giustificate dai massicci acquisti indiani di energia russa, saranno impossibili da assorbire per molti esportatori del Subcontinente. Alcune associazioni di categoria stimano che a farne le spese sarà più della metà degli 87 miliardi di dollari di merci che lo scorso anno l’India ha spedito negli Usa. A tutto vantaggio delle altre economie asiatiche che offrono manodopera a basso costo.

Il confronto

In un contesto in cui nessuno crede al reshoring verso gli Stati Uniti di categorie di prodotto dalla marginalità ridotta, i dazi anti-indiani del 25% in vigore fino a ieri erano già di loro problematici. Soprattutto se raffrontati a quelli del 20 per cento applicati a Vietnam e Bangladesh, e quelli del 19% inflitti a Thailandia, Malaysia e Indonesia. Ma il raddoppio al 50% mette di fatto fuori mercato tutte quelle industrie (tessile, pelle, oreficeria) che non godono di esenzioni come quelle concesse alla farmaceutica (senza la quale la promessa di Trump abbassare il costo dei medicinali sarebbe irrealizzabile) e all’elettronica (così da non provocare un’impennata – visibile, simbolica e politicamente costosa – del prezzo degli iPhone made in India).

Fonte: Il Sole 24 Ore