
I distributori Ip diventano azeri: alla firma la cessione al gruppo Socar
Si va verso le firme per la cessione di Api, storica azienda che fa capo alla famiglia Brachetti Peretti con una rete di oltre 4.500 distributori di carburante a marchio IP. Come già anticipato dal Sole 24 Ore lo scorso 30 agosto, è vicino il passaggio di mano del 100% del gruppo Api, una delle più grandi reti di distributori di carburante in Italia, alla compagnia statale azera Socar (State Oil Company of Azerbaijan).
Anche l’agenzia di stampa internazionale Reuters ieri ha preannunciato un accordo. L’operazione avrebbe, secondo indiscrezioni, una valutazione di poco meno di 3 miliardi di euro, cioè vicina alla stima indicata mesi fa: circa 2,5 miliardi di euro, con una disponibilità di cassa di circa 500 milioni di euro.
Il gruppo Socar è assistito nell’operazione da Intesa Sanpaolo IMI CIB, mentre UniCredit sta affiancando il proprietario di IP, cioè la famiglia Brachetti Peretti. Un processo competitivo era in corso ormai da quasi un anno con la presenza di diverse multinazionali estere come potenziali compratori: in lizza era anche Bin Butti Group, gruppo degli Emirati Arabi Uniti. Nel giugno scorso sono state presentate le offerte vincolanti da parte dei potenziali interessati. L’operazione di Socar dovrebbe essere finanziata, secondo indiscrezioni, da linee bancarie esistenti e dallo stesso Governo di Baku.
I numeri
Il gruppo Api ha una capacità di raffinazione complessiva di circa 200.000 barili al giorno e gestisce una rete di oltre 4.500 stazioni di servizio. Possiede inoltre importanti asset per lo stoccaggio e il trasporto di carburanti in Italia, incluso carburante per aerei.
Lo scorso anno l’azienda ha registrato un utile operativo rettificato di quasi 500 milioni di euro. L’accordo previsto seguirebbe la vendita, avvenuta lo scorso anno, della quota di controllo del gruppo Saras da parte della famiglia Moratti alla società globale olandese di trading di materie prime Vitol. Queste operazioni evidenziano una tendenza più ampia che vede gli investitori privati ritirarsi dal settore della raffinazione in Europa, divenuto sempre più volatile.
Fonte: Il Sole 24 Ore