I Savoia chiedono alla Repubblica i gioielli della Corona, ma incassano un no

I gioielli della Corona non si toccano e per ora restano nei caveau della Banca d’Italia. Così si chiude il primo round di quello che sembra già un tormentone tra l’avvocato Sergio Orlandi, legale del principe Vittorio Emanuele e delle principesse Maria Gabriella, Maria Pia e Maria Beatrice, eredi di Umberto II, e l’istituto di via nazionale. L’avvocato aveva inviato una lettera il 30 novembre scorso indirizzandola anche al Presidente del Consiglio dei Ministri e al Ministro dell’Economia e delle Finanze chiedendo la restituzione del tesoro dei Savoia. “I gioielli sono custoditi fin dal 1946 presso la Banca d’Italia, che non può disporne senza un coordinamento con le Istituzioni della Repubblica coinvolte – è scritto nella risposta di Banca d’Italia tramite i suoi avvocati Marco di Pietropaolo e Olina Capolino -. La richiesta di restituzione avanzata non può pertanto essere accolta, tenuto conto delle responsabilità del depositario”. Di tutta risposta l’avvocato Orlandi ha annunciato di aver pronto l’atto di citazione in giudizio per la Presidenza del Consiglio, per il Ministero dell’Economia e per la Banca d’Italia per la restituzione dei gioielli custoditi in un caveau della Banca d’Italia dal giugno 1946, sia per la rivendicazione che per la restituzione dei preziosi che si stima possano valere circa 300 milioni di euro.

La custodia del tesoro

’’L’anno del 1946, il 5 giugno, alle ore 17 nei locali della Banca d’Italia, via Nazionale n.91 si è presentato il signor avvocato Falcone Lucifero, nella sua qualità di reggente il Ministero della Real Casa con l’assistenza del Grand’Ufficiale Livio Annesi direttore capo della Ragioneria del Ministero suddetto. L’avvocato Falcone Lucifero dichiara di aver ricevuto incarico da sua maestà re Umberto II di affidare in custodia alla cassa centrale della Banca d’Italia per essere tenuti a disposizione di chi di diritto gli oggetti preziosi che rappresentano le cosiddette ’gioie di dotazione della Corona del Regno’, che risultano descritti nell’inventario tenuto presso il ministero della Real Casa e che qui di seguito si trascrivono’’. Così si legge in un documento in carta da bollo da 12 lire – redatto tre giorni dopo il referendum istituzionale del 2 giugno 1946, che portò alla proclamazione della Repubblica – in cui il ministro della Real Casa su ordine del re Umberto II consegnò al governatore della Banca d’Italia, Luigi Einaudi, la preziosa cassa con il Tesoro della Corona.

In un caveau da 76 anni

Da quella data sono passati quasi 76 anni ed è da allora che i gioielli dei Savoia, custoditi in un cofanetto in pelle a tre piani e protetto da 11 sigilli (5 del ministero della Real Casa e 6 della Banca d’Italia), sono rimasti sepolti nel caveau di via Nazionale. Da allora non sono mai stati esposti in pubblico. E da quel 5 giugno del 1946 è accaduto soltanto una volta, poco prima della morte di re Umberto, che il prezioso scrigno sia stato riaperto: è successo nel 1976 per ordine della Procura di Roma dopo che il giornale “Il Borghese’’ aveva ipotizzato la scomparsa di alcuni dei famosi preziosi. Ma una volta che si accertò che il tesoro era intatto sulla vicenda tornò a calare il sipario.Tra i pezzi più importanti, rinchiusi nel cofanetto di pelle nera, foderato di velluto azzurro Savoia, catalogati il 5 giugno del 1946 da Lucifero con l’assistenza di Davide Ventrella, allora segretario del sindacato orafi, figurano un grande diadema a 11 volute di brillanti, attraversato da un filo di perle orientali, che negli spazi inferiori ha perle incastonate, in quelle superiori gocce di brillanti incastonati; il tutto per un totale di 11 perle a goccia di grani 720, 64 perle tonde del peso di grani 975, 1040 brillanti del peso di grani 1167. Si tratta della famosa tiara che appare in tutti i ritratti ufficiali della regina Margherita e della regina Elena.

La mediazione senza successo

Per trovare un accordo si è tentata una mediazione tra il legale della famiglia Savoia Orlandi e i rappresentanti della Banca D’Italia, della presidenza del Consiglio e del ministero dell’Economia. Ma l’esito è stato negativo. “A mezzogiorno – ha spiegato ieri l’avvocato Orlandi – abbiamo fatto l’incontro per la mediazione. Era presente il principe Emanuele Filiberto, in qualità di delegato del padre Vittorio Emanuele e delle zie”. Ma la mediazione davanti all’Adr center, che segue una diffida che avevo presentato, non ha avuto esito positivo. A questo punto, tra qualche giorno, l’avvocato dei Savoia ha reso noto che procederà al deposito della citazione in giudizio. !I gioielli della Corona – sottolinea l’avvocato Orlandi – non sono mai stati confiscati e devono essere restituiti agli eredi, andremo in fondo alla vicenda, siamo determinati”.

Fonte: Il Sole 24 Ore