
Ida, Matilde e le altre: la strada delle pioniere
Come nella politica, nel lavoro, nella scrittura e in qualsiasi spazio pubblico, anche nel giornalismo le donne hanno fatto fatica a farsi strada e affermarsi. E se è vero che ancora oggi in poche raggiungono le posizioni apicali, e le conquistano dopo anni di gavetta e sacrifici, è vero anche che alcune situazioni e traguardi si danno per scontati. Per questo il saggio di Valeria Palumbo, La voce delle donne, è meritorio. Ricorda, con una notevole documentazione – e senza fermarsi ai confini nazionali – le vite e le esperienze delle prime, le pioniere, che si sono imposte aprendo un varco a chi è venuta dopo. Una ricognizione che parte dalla seconda metà dell’Ottocento e si ferma agli anni recenti (con Oriana Fallaci e poche altre), soltanto lambiti, in realtà, perché l’intento è raccontare le stagioni che «ci hanno plasmato e che ancora influenzano la narrazione e le idee più diffuse», quelle penalizzanti di chi considerava l’autonomia e la libertà femminili una minaccia. Già nel 1884 c’erano figure d’avanguardia, coscienti dell’importanza di creare una scuola (e fare squadra) se è vero che Ida Baccini, giunta alla direzione della rivista «Cornelia» – e pur barcamenandosi con le prescrizioni di una società che vedeva le donne confinate in casa e dedite alla famiglia – insegna il mestiere alle più giovani e le fa crescere. Dando per scontato che lavorino, evidentemente.
Se la rassegna si apre con la madre di tutte, Matilde Serao, fondatrice del «Mattino» (nessuna donna aveva compiuto le sue imprese, scrive Palumbo, e «nessuna c’è più riuscita»), le altre non sono da meno. Compaiono le scrittrici prestate al giornalismo (da Anna Maria Ortese ad Alba de Céspedes passando per Sibilla Aleramo), le reporter di guerra come Flavia Steno, che segue il primo conflitto mondiale e attraversa il secondo (nel ’43 il regime fascista la condanna a quindici anni di carcere per una sua stroncatura di cinque libri di testo), le precursore dei periodici femminili, senza dimenticare l’impegno delle giornaliste politiche, Anna Kuliscioff e Maria Giudice in testa, per le quali la scrittura era al servizio degli ideali di democrazia e della formazione delle lettrici. Da Oltralpe, vengono poi i punti di riferimento imprescindibili, i modelli inarrivabili come quello di Nellie Bly (l’americana che fece il giro del mondo… altro che donne regine del focolare), mentre il fotogiornalismo parla con lo sguardo militante e inquieto di Tina Modotti.
Certamente, tra contraddizioni e diversità – di ambiente, preparazione, condizione economica e sociale – c’era un elemento che le unificava tutte: la consapevolezza dell’importanza dello studio come precondizione per un reale tentativo di emancipazione. Nell’Italia che davanti a sé aveva l’obiettivo di superare l’analfabetismo, il loro contributo è stato cruciale.
Valeria Palumbo
La voce delle donne
Fonte: Il Sole 24 Ore