
Idrogeno verde: l’energia “universale” che può decarbonizzare l’Italia
È un vettore di energia universale: è l’elemento più abbondante in natura e quasi il 90% della materia visibile dell’universo è idrogeno, nella sua forma più elementare H₂. Oggi, però, la stessa molecola è anche una delle carte più forti per la transizione energetica sulla Terra. Quello verde – prodotto attraverso l’elettrolisi dell’acqua alimentata da energia rinnovabile – è considerato il vettore essenziale per decarbonizzare quei comparti industriali dove l’elettrificazione diretta non è facilmente praticabile. Siderurgia, chimica pesante, cementifici, industria ceramica, trasporto ferroviario e su gomma a lunga percorrenza, aviazione e shipping rientrano nella categoria “hard to abate”: si tratta di settori ad alta intensità energetica che necessitano di calore, molecole e combustibili ad alta densità, non sostituibili con un semplice cavo elettrico.
Un pilastro della decarbonizzazione
Nella strategia Fit for 55 l’Unione Europea ha rafforzato il proprio impegno verso l’idrogeno e i suoi derivati, in particolare attraverso la Direttiva RED III recentemente adottata. La RED III stabilisce obiettivi vincolanti per l’uso dei carburanti rinnovabili di origine non biologica (RFNBO), imponendo che entro il 2030 almeno il 42% dell’idrogeno utilizzato nell’industria e il 5,5% dei carburanti per il trasporto provenga da idrogeno rinnovabile o dai suoi derivati, come gli e-fuels. La Commissione europea raccomanda non solo di incrementare la produzione domestica di ogni paese membro, ma anche di pianificare in modo integrato infrastrutture, stoccaggio e reti transfrontaliere. E tra i progetti più avanzati figura oggi il South H2 Corridor, che collegherà il Nord Africa con Italia, Austria e Germania per portare in Europa grandi volumi di idrogeno rinnovabile lungo oltre 3.300 chilometri di pipeline.
Il principio è semplice, la sfida tecnologica enorme: scindere l’acqua in ossigeno e idrogeno mediante elettrolizzatori, accumulare quest’ultimo in forma gassosa o liquida, trasportarlo e utilizzarlo in celle a combustibile per generare elettricità senza emissioni, producendo solo vapore acqueo. Il risultato è un vettore energetico con la maggiore densità per unità di peso (quasi tre volte la benzina) e una straordinaria capacità di fungere da “ponte” fra produzione rinnovabile e consumo industriale.
UFI Hydrogen, il ponte italiano tra rinnovabili e industria
In questo scenario globale, l’Italia gioca una partita importante grazie a UFI Hydrogen, società del gruppo UFI – leader globale nella filtrazione e nel thermal management, che opera dall’automotive all’aerospaziale fino a soluzioni industriali su misura – nata nel 2023 dopo sette anni di ricerca e sviluppo. Con sede in Trentino, nel cuore della Hydrogen Valley promossa dalla Provincia Autonoma di Trento, l’azienda rappresenta il primo e unico polo industriale nazionale dedicato alle MEA (Membrane Electrode Assembly): le membrane catalizzate che costituiscono il cuore tecnologico degli elettrolizzatori e delle celle a combustibile.
A Serravalle (Trento) UFI Hydrogen ha di recente inaugurato uno stabilimento di 14.000 metri quadrati con un investimento iniziale di 50 milioni di euro e vanta un organico composto da ricercatori di altissimo livello, tra cui PhD, che rappresentano più di 11 diverse nazionalità. Qui l’azienda produce membrane destinate a quattro ambiti strategici: la produzione di idrogeno verde, tramite l’elettrolisi dell’acqua; la produzione di elettricità pulita, grazie alla trasformazione dell’idrogeno con le fuel cell; la produzione di E-Fuel, tramite la trasformazione della CO2 in combinazione con l’idrogeno verde; la compressione elettrochimica per lo stoccaggio, la purificazione e il trasporto dell’idrogeno stesso.
Tecnologie sostenibili, taylor made e vocazione europea
Le tecnologie MEA sviluppate da UFI Hydrogen stanno evolvendo verso una seconda generazione con un drastico taglio nell’uso di iridio – da 3-4 mg/cm² a 0,5 mg/cm² con obiettivo 0,1 – abbattendo costi e impatto ambientale. Già oggi, la società produce MEA su misura, posizionandosi come un vero e proprio “sarto industriale” nel modellare soluzioni perfettamente adeguate alle esigenze del cliente. UFI Hydrogen è inoltre partner del South H2 Corridor e del Piano Mattei (la strategia italiana per rafforzare i rapporti con i Paesi africani puntando su energia, sviluppo e partenariati economici reciproci) in Tunisia, dove sostiene un impianto pilota di produzione destinato all’Europa.
La vocazione europea è confermata dall’ammissione al programma IPCEI (Important Project of Common European Interest) Hy2Move, promosso dalla Commissione di Bruxelles per accelerare l’innovazione nell’idrogeno applicato alla mobilità. UFI Hydrogen è l’unica azienda italiana selezionata (insieme ad altri 10 partner provenienti da 7 Stati UE), con un finanziamento di circa 22 milioni di euro per sviluppare membrane di nuova generazione destinate a treni, navi, aviazione, droni e data center. Il progetto prevede oltre 3.600 nuovi posti di lavoro in Europa, di cui quasi un centinaio in Italia, oltre a investimenti in ricerca e formazione accademica.
Dall’universo agli elettrolizzatori, l’idrogeno, insomma, è sempre più la “molecola ponte” che collega energie rinnovabili e industria pesante. La sfida oggi non è solo tecnologica, ma di sistema: produrre localmente, integrare reti e stoccaggi, ridurre i costi dei materiali critici e accelerare le infrastrutture. In questo quadro, UFI Hydrogen dimostra che anche in Italia è possibile costruire una filiera avanzata e contribuire, da protagonisti, alla nuova era dell’idrogeno verde.
https://www.ufihydrogen.com/
Fonte: Il Sole 24 Ore