Il 90% dei professionisti dello sviluppo software ricorre all’intelligenza artificiale
Basato sui dati raccolti da quasi 5.000 professionisti in tutto il mondo, il report dal titolo State of AI-assisted Software Development recentemente pubblicato dal programma di ricerca DORA di Google Cloud conferma quanto già si sospettava: il modo di sviluppare i software è profondamente cambiato nel corso degli ultimi anni. A contribuire in maniera significativa a tale trasformazione è senza dubbio l’intelligenza artificiale, ormai sempre più efficiente ed evoluta, che secondo i dati del sondaggio vede la sua adozione da parte del 90% degli sviluppatori software, registrando un incremento del 14% rispetto all’anno precedente.
Tuttavia emerge un “paradosso della fiducia” poiché, sebbene i benefici dell’AI siano ben conosciuti, c’è chi ancora decide di usarla con cautela. Infatti, se da un lato il 4% degli intervistati afferma di fidarsi “moltissimo” dell’intelligenza artificiale affiancato da coloro che si fidano “molto” (20%), c’è chi è totalmente diffidente (7%) delle sue capacità o dichiara di fidarsi ben poco (30%): un dato quindi che evidenzia come in molti riconoscono il valore e l’utilità negli output dell’AI ma non ripongono in essi piena fiducia, lasciando intendere il suo valido supporto in termini di produttività – se integrata nei flussi di lavoro – e non come sostituto alle competenze e al giudizio prettamente umano. A riguardo, dal report risalta che gli sviluppatori e altri professionisti dedicano circa due ore al giorno all’uso dell’AI nei propri flussi di lavoro principali e nello specifico: il 71% la utilizza per scrivere nuovo codice, il 66% per modificare codice già esistente, il 62% per eseguire test e il 59% per fare debug o interpretare documenti tecnici. E i vantaggi per chi utilizza questi strumenti si notano poiché 8 intervistati su 10 affermano che l’AI ha incrementato la loro produttività e oltre la metà (il 59%) sostiene una migliore qualità del codice compilato. In aggiunta, è facile notare come l’adozione dell’AI è oggi associata a un incremento del throughput nello sviluppo software, infatti, i team possono ora rilasciare un numero maggiore di applicazioni e aggiornamenti in tempi più rapidi rispetto al passato. Ma il report evidenzia un altro aspetto cruciale: l’AI non è un elemento neutro ma un “specchio e moltiplicatore” che in contesti organizzativi solidi e ben coordinati funge da acceleratore, mentre nelle realtà frammentate tende a far emergere ancora di più gli aspetti critici: ne deriva quindi che il successo non dipende solo dalla tecnologia ma dalla capacità delle organizzazioni di costruire coesione, chiarezza di visione e una cultura pronta ad accogliere il cambiamento.
Pertanto il messaggio che viene fuori da questo sondaggio è chiaro: l’intelligenza artificiale rappresenta uno strumento rivoluzionario per gli sviluppatori ma la sola adozione non è sufficiente a sprigionarne il suo potenziale. Per ottenere benefici concreti, infatti, le organizzazioni sono chiamate a rivedere la propria cultura aziendale, rinnovare i processi interni e adattare i sistemi a un paradigma di sviluppo del software che non ha precedenti. La sfida, infatti, non è tanto integrare nuove soluzioni, quanto creare un ambiente in cui l’intelligenza artificiale possa diventare un alleato strategico. A tal fine, infatti, i ricercatori Kevin M. Storer e Derek DeBellis hanno pubblicato sul blog di Google Cloud un modello guida dal nome DORA AI Capabilities Model in cui identificano sette competenze che amplificano e sbloccano i vantaggi dell’IA e forniscono raccomandazioni per le organizzazioni che intendono adottare l’intelligenza artificiale.
Fonte: Il Sole 24 Ore