
il batterio che minaccia la produzione di arance in Italia
La nuova Xylella? si chiama Greening ed è un batterio che rischia di minacciare un’altra produzione strategica per l’Italia, quella delle arance. Il nome scientifico è Candidatus Liberibacte e si tratta di una malattia che, al pari della Xylella, fa morire la pianta in pochi anni.
L’insetto portatore al momento è diffuso in Nord e Sud America, ma il batterio è stato già intercettato in Egitto e nell’isola portoghese di Madeira. Si stima che quasi 100 milioni di alberi siano stati colpiti in tutto il mondo dalla malattia, che viene trasmessa dalle psille, piccoli parassiti che si nutrono succhiando la linfa delle piante.
Se dovesse arrivare in Italia, questo batterio diventerebbe una minaccia considerevole. Secondo l’Ismea, la superficie coltivata ad arance nel nostro Paese ammonta a circa 86mila ettari. La Sicilia copre da sola i due terzi delle superfici coltivate ad agrumi, con oltre 50mila ettari dedicati. La produzione di arance per la campagna in corso è stimata in 1,6 milioni di tonnellate, in aumento del 20% rispetto all’anno scorso, seppur al di sotto della media delle ultime campagne per colpa della siccità.
«Purtroppo, per il Greening non esistono ancora cure o varietà resistenti – spiega Matteo Beccatelli, fondatore di Plantvoice, che fornisce sistemi agronomici di difesa delle piante – l’unica strategia efficace è la prevenzione, con monitoraggi serrati, misure di quarantena e tecnologie per il rilevamento precoce». Proprio come nel caso della Xylella. Tra i sintomi più evidenti della malattia ci sono la presenza di rami gialli e maculature asimmetriche, con diverse sfumature di verde e giallo, sulle foglie.
«In alcune aree del mondo – dice ancora Beccattelli – ha dato risultati promettenti l’uso del controllo biologico per contrastare la diffusione della psilla asiatica degli agrumi, principale vettore del batterio responsabile della malattia. In particolare, l’introduzione dell’imenottero Tamarixia radiata, un antagonista naturale della psilla, ha mostrato una significativa riduzione della popolazione dell’insetto in diversi Paesi, tra cui Stati Uniti e Brasile. Tuttavia, questa strategia da sola non è sufficiente a bloccare completamente la diffusione della malattia, poiché il batterio può essere trasmesso anche da psille che sfuggono al controllo biologico».
Fonte: Il Sole 24 Ore