
Il caldo e la lunga estate di lavoro di riders, drivers, operai agricoli, muratori tra un anticiclone e l’altro
Che caldo! Non bastano i numeri per contare quante volte in questa lunga e bella estate l’esclamazione è stata pronunciata, anche dalle ferie. L’estate di lavoro è però più lunga e difficile per alcune categorie di lavoratori che per altri, dai riders ai drivers, a operai, addetti dell’agricoltura e dell’edilizia, ma anche postini e guardie giurate, solo per citarne alcuni. Le temperature in molte aree del Paese hanno sfiorato più volte i 40° e si sono mantenute a lungo sopra i 30°, senza dare grande tregua nemmeno nelle ore notturne. L’aumento del caldo ha fatto aumentare le cautele e le tutele per chi lavora, ma anche le proteste dei lavoratori e le misure organizzative nelle imprese, dove il cambiamento climatico è diventato ormai un tema strutturale quando si avvicina l’estate. A mano a mano che la temperatura sale oltre i 20°, per ogni punto in più segnato dal termometro la produttività di chi lavora diminuisce tra il 2 e il 3%. Questa stima dell’Organizzazione Meteorologica Mondiale (World Meteorological Organization o Wmo) e dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms) con l’aumento delle temperature riguarderà sempre più imprese e lavoratori. Già oggi, nel mondo, sono 2,4 miliardi le persone che lavorano in condizioni climatiche estreme. Il tema riguarda sicuramente determinate aree del globo, tra cui l’Africa, la Penisola arabica, l’India, i Paesi del Sud America, dove le temperature ormai arrivano a 40° e più, in maniera sempre più frequente del passato. L’estate 2025 negli Emirati Arabi Uniti si sta distinguendo per un’ondata di caldo estremo, dopo una primavera già molto calda, con le temperature che hanno superato anche i 50°. In Italia la situazione è meno estrema, ma per esempio, questo agosto l’anticiclone Caronte ha arroventato la penisola dove sono state registrate temperature che hanno sfiorato i 40 gradi. Se il caldo avanza, il lavoro chiede un’organizzazione diversa, soprattutto perché sono ormai molto lontani i tempi delle lunghe fermate estive delle fabbriche: la globalizzazione e l’internazionalizzazione delle imprese hanno ridotto anche quelle di agosto e hanno reso necessario ripensare i turni nel periodo estivo. In diversi settori tenendo conto anche delle Ordinanze regionali.
Le ordinanze regionali
Le tutele per chi lavora sono molte di più del passato, come raccontano da un lato la cassa integrazione guadagni ordinaria e l’assegno di integrazione salariale che possono essere richiesti dalle imprese in caso di caldo eccessivo (oltre i 35°), oppure condizioni climatiche estreme, che rendono rischiosa l’attività, ma come raccontano dall’altro lato anche le Ordinanze regionali dedicate a questo tema. Esclusi il Trentino Alto Adige e la Valle d’Aosta tutte le Regioni hanno emesso ordinanze in cui danno indicazioni su settori e fasce orarie per consentire alle persone di lavorare in sicurezza, come evidenzia l’ultimo report Workclimate, frutto della collaborazione tra Inail e Cnr. Riguardano soprattutto determinati settori, come il florovivaismo, l’agricoltura e l’edilizia dove le persone sono spesso esposte al caldo. Ma riguardano anche le fasce orarie in cui lavorare. Come spiega il report Workclimate in molte Regioni le ordinanze sono arrivate solo dopo l’inizio della prima ondata di calore, evidenziando la necessità di un approccio più preventivo e di un migliore coordinamento nazionale, come richiesto ora da diversi sindacati. Le misure sono omogenee per fascia oraria (12:30–16:00), prevedono eccezioni per i servizi essenziali e si applicano tutte a edilizia e agricoltura/florovivaismo o settori affini. Solo alcune Regioni le estendono anche a settori come logistica e riders, è il caso del Piemonte e del Lazio. I sindacati hanno chiesto che l’attenzione venga estesa anche ad altre categorie di lavoratori, come i postini e le guardie giurate.
La difficoltà di applicazione e le irregolarità
Il report Workclimate evidenzia però che persistono problemi di applicazione: da una parte è fondamentale vigilare affinché le aziende rispettino le ordinanze, dall’altra occorre considerare che non sempre le regole sono facilmente applicabili in sicurezza. Non tutti i contesti lavorativi, infatti, dispongono di aree adeguate dove far riposare gli operatori durante le ore più calde, soprattutto per quei lavoratori che, per ragioni logistiche, non possono rientrare a domicilio durante la sospensione. In luglio ci sono stati molti infortuni legati all’esposizione prolungata al caldo e sono cresciute le preoccupazioni per il calo della produttività e la riduzione degli stipendi. La presenza delle ordinanze non ha però impedito il verificarsi di molte irregolarità legate proprio all’orario di lavoro, come rilevato nell’operazione dell’Arma dei Carabinieri che ha riguardato l’agricoltura e tra il 31 luglio e l’11 agosto ha effettuato controlli a tappeto su 888 imprese. Tra le irregolarità emerse, soprattutto al Sud, c’è stata anche quella del lavoro nelle fasce orarie vietate dalle ordinanze regionali. L’aumento delle temperature ha portato anche a un aumento delle proteste questa estate, come evidenzia il report: da Globo a Carrefour, a Stellantis ed Electrolux, nelle giornate più calde ci sono state proteste e scioperi dei lavoratori, ma c’è stata anche l’adozione di provvedimenti specifici per migliorare le condizioni climatiche negli stabilimenti e per rivedere i turni di lavoro. A fare più clamore è stato il caso della piattaforma di consegna di cibo a domicilio Glovo che aveva previsto inizialmente per i suoi rider un bonus per le consegne nelle ore più calde, pari al 2% per temperature tra i 32 e i 36 gradi, al 4% tra i 36 e i 40, e fino all’8% per temperature superiori ai 40 gradi, scatenando le proteste dei sindacati che invece chiedevano che le consegne venissero sospese nelle ore più calde. La piattaforma di consegna di cibo a domicilio dapprima ha sospeso il bonus – e non certo le consegne – per via delle numerose critiche -, per poi essere costretta dal Tribunale di Milano a pagare i rider 30 centesimi in più a consegna quando le temperature esterne superano i 25 gradi. Inoltre il Tribunale ha anche stabilito che i rider debbano essere dotati di alcuni dispositivi di sicurezza per proteggersi dal caldo, come cappelli con visiere, occhiali da sole, creme solari, borraccia termica e sali minerali.
Il quadro internazionale
Tornando ai dati Wmo e Oms, il 2024 è stato l’anno più caldo mai registrato, con le temperature che in molte aree del mondo hanno superato i 40 gradi e persino i 50 con sempre maggiore frequenza. Questo ha peggiorato «l’impatto dello stress da calore sui lavoratori di tutto il mondo», esposti a colpi di calore, disidratazione, disfunzioni renali e disturbi neurologici. «Tutti fattori che compromettono la salute a lungo termine e la sicurezza economica», spiegano gli esperti, in un contesto in cui «circa la metà della popolazione mondiale subisce le conseguenze negative delle alte temperature». «Lo stress da calore sul lavoro è diventato una sfida sociale globale – ha affermato il vice segretario generale del Wmo, Ko Barrett – La protezione dei lavoratori non è solo un imperativo sanitario, ma anche una necessità economica». Tra l’altro in termini numerici il tema è molto sentito, visto che secondo l’Organizzazione Internazionale del Lavoro, oltre 2,4 miliardi di lavoratori sono esposti a temperature eccessive in tutto il mondo, con oltre 22,85 milioni di infortuni sul lavoro ogni anno collegati allo stress da calore. Le due organizzazioni Onu, Wmo e Oms, per questo chiedono l’attuazione di piani d’azione specifici sui posti di lavoro, adattati a settori e regioni specifici e sviluppati in collaborazione con imprese, lavoratori, sindacati ed esperti di salute pubblica.
Fonte: Il Sole 24 Ore