Il caso del Pirellino, da «gioiello» a rudere in sette mesi

Il caso del Pirellino, da «gioiello» a rudere in sette mesi

Un edificio di «elevato valore economico» grazie «ai volumi disponibili e alle possibilità di trasformazione concesse dal Piano di Governo del Territorio», «uno degli immobili maggiormente appetibili» di Milano per collocazione e collegamenti, anche già parzialmente bonificato dall’amianto con fondi pubblici (7,8 milioni di euro).

Quando il 28 dicembre 2018 la giunta Sala con la delibera 2385 vota all’unanimità la «alienazione immediata» del Pirellino – base d’asta 87,5 milioni, più eventuali 18,6 milioni per il diritto di superficie novantennale del parcheggio di piazza Einaudi, 272 posti auto – nessuno ha dubbi o remore di sorta sulla “qualità” del complesso che si metterà subito a gara. Non li ha il Comune, che comunque è parte interessata dell’operazione, ma non li ha avuti nemmeno l’agenzia delle Entrate quando due mesi e mezzo prima (1° ottobre 2018) aveva consegnato la «Relazione di stima dell’immobile sito nel comune di Milano in via Giovanni Battista Pirelli, civico 39» – per intenderci, la stessa procedura di valutazione recentemente ripescata per la determinazione del prezzo dello stadio di San Siro.

Dubbi sull’affare del Pirellino, in quei mesi che portavano al nuovo decennio, non li aveva avuti nemmeno il mercato, considerato che la gara per l’aggiudicazione registrerà ben 85 rilanci (record storico) che porteranno al raddoppio del realizzo di Palazzo Marino (193 milioni di euro).

Eppure pochi mesi dopo il trasferimento di proprietà – l’atto notarile è del 25 novembre 2019 – il gioiello di famiglia della città, diventata nel frattempo cantiere, subisce un downgrade davvero impressionante.

Fonte: Il Sole 24 Ore