Il centrosinistra molla Calenda, a giudizio per diffamazione
Senza più il campo largo, o quel che resta, a difenderlo. E senza il centrodestra che avrebbe avuto i numeri per opporsi e “salvarlo”, ma all’ultimo si è astenuto. Carlo Calenda dovrà affrontare – quasi in solitaria, per ora – l’aula del Senato che deciderà se il senatore e leader di Azione andrà a giudizio per diffamazione aggravata, dopo la querela di Clemente Mastella. Così ha votato la Giunta per le immunità di Palazzo Madama, dando l’autorizzazione a procedere nei suoi confronti. Manca il voto di Avs per l’assenza della senatrice Ilaria Cucchi, unica del suo gruppo nella Giunta.
Il tweet “incriminato” contro Mastella associato alla cultura mafiosa
Nel mirino è finito un tweet di Calenda da cui l’ex ministro della Giustizia si è sentito offeso in quanto associato alla mafia. Ad aprile in campagna elettorale per le Europee, Calenda criticò la scelta di Emma Bonino di fare la lista ’Stati Uniti d’Europa’ insieme a Matteo Renzi e ad altri moderati. «Non ha alcun senso fare una lista che include movimenti che andranno in gruppi politici europei diversi – scrisse su X rivolgendosi a Bonino – Non ha alcun senso portarsi dietro, sia pure per interposta persona, Cuffaro, Cesaro e Mastella. La cultura della mafia è l’opposto dei valori europei».
La querela e la difesa di Calenda
Troppo per il vecchio leader dei centristi e storico sindaco di Benevento: Mastella lo querela e Calenda si ritrova indagato dalla procura di Roma. Si difende dicendo che non si riferiva a Mastella bensì a Cuffaro, ex governatore siciliano «su cui c’è una sentenza di Cassazione». Per valutare se il tweet si può dichiarare “insindacabile” (come le opinioni o i voti dei parlamentari nell’esercizio delle loro funzioni, secondo l’articolo 68 della Costituzione), il pm chiede lumi al giudice per le indagini preliminari. Ma il gip Costantino De Robbio rimanda la questione al Parlamento. All’ora di pranzo arriva il verdetto della Giunta. E spiazza tutti, specie per la virata della maggioranza.
L’astensione dei partiti di maggioranza
La relatrice del provvedimento, Ada Lopreiato del M5s, chiede di procedere contro la “sindacabilità” delle parole di Calenda. Si associano il Pd e il renziano Ivan Scalfarotto (unico rappresentante di Italia viva) mentre “ballano” Fratelli d’Italia e Forza Italia (secondo Lopreiato i meloniani «prima hanno dato l’ok alla mia relazione, poi un passo indietro e oggi altre perplessità») e alla fine, insieme alla Lega, si astengono. Si distingue Avs: secondo alcuni, un’assenza strategica per confermare il garantismo della sinistra e difendere Calenda che al Senato fa parte dello stesso gruppo. Calenda resta convinto che «l’accusa è insussistente nel merito» e insinua il dubbio di «un pretesto per ragioni politiche». Lopreiato nega condizionamenti politici e confida nel fatto che la decisione della Giunta non sarà ribaltata dall’Aula, quando il procedimento sarà calendarizzato
Fonte: Il Sole 24 Ore