
Il ceo Stellantis all’Ue: «Ora azioni urgenti su CO2 e flessibilità», in Italia rilancio con i nuovi modelli
Sì, stiamo iniziando a lavorare ad un’agenda di incontri, prima con le istituzioni e poi con gli altri stakeholder industriali. Sono tutti operatori globali, come ad esempio i fornitori, e anche quando li incontro in America, si parla di faccende europee.
Un aggiornamento sul progetto di Termoli, l’Italia rischia di restare l’unico paese tra quelli di riferimento per Stellantis, in Europa, a non avere una gigafactory. A che punto siete?
La risposta a quella domanda la può dare solo ACC, la joint venture di cui siamo un’azionista di minoranza insieme a Mercedes-Benz e a TotalEnergies. Tuttavia, sullo stabilimento di Termoli abbiamo cercato di dare un contributo importante al suo futuro con l’assegnazione della produzione del nuovo cambio EDCT, le trasmissioni elettrificate che riusciranno comunque a portare attività industriali di ampio respiro nel sito molisano, perché parliamo di componentistica per vetture elettriche, dunque destinate al futuro, che esportiamo davvero in tutto il mondo. La produzione di EDCT, tra l’altro, sta andando molto bene nello stabilimento di Mirafiori, si tratta dunque di un passaggio di implementazione globale, tra i più importanti che abbiamo avviato per il futuro.
Il progetto di arrivare a produrre un milione di veicoli in Italia, è un obiettivo che eredita, costruirà un percorso diverso con istituzioni e sindacati italiani?
La strada è quella del Piano Italia. I volumi dipendono anche dall’andamento dell’intera industria dell’auto che ha perso in Europa tre milioni di autovetture su 18 milioni in pochi anni. Stiamo lavorando per interrompere questo declino, ma questo dipende, lo ripeto, dalla revisione delle Regolamentazioni di cui abbiamo parlato. Quello che vogliamo fare è estrarre il massimo dei volumi dai progetti che abbiamo in piedi e da quelli ulteriori che assegneremo all’Italia ma non solo all’Italia, in un contesto nel quale l’industria europea si sta deteriorando. Su questo non possiamo tapparci gli occhi. È urgente arrivare a decisioni strategiche per invertire la marcia.
Da mesi ci sono rumors sul fatto che 14 marchi in capo a Stellantis siano troppi, Maserati sembra essere tornata al punto di partenza, in più Leapmotor è strategica ma viene vissuta come una minaccia interna. Come andrà?
I nostri marchi sono la nostra forza. I marchi che abbiamo ci piacciono tutti. Sento molto parlare di Maserati e voglio dire chiaramente che Maserati non è in vendita, ma dobbiamo capire quali prodotti sviluppare e quale strategia di lungo termine adottare per uno dei nostri brand più iconici. Quanto a Leapmotor, e più in generale all’industria cinese, sono stato in Cina per dieci giorni, tre settimane fa. Nel Paese c’è tutto quello che vuoi in termini di tecnologia, Adas, smart cockpit, central computing.
Servono però due cose in più, il senso di un brand e il design, perché tutte le vetture sono molto simili; quindi, se c’è una cosa che ancora per noi è un vantaggio competitivo è l’iconicità dei nostri brand e la nostra capacità di fare design e tecnologia. La partnership con Leapmotor la vediamo come un passaggio molto positivo perché rappresenta una risposta cinese a quella che è definita l’offensiva delle case cinesi in Europa. Ci permette inoltre di fare sinergie ed estendere il nostro know-how automotive grazie ai loro processi, i loro fornitori, la loro supply chain.
In Italia si è parlato e si parla ancora molto dei Marchionne boys, penso a Luca De Meo, da poco passato dalla guida del Gruppo Renault al mondo del lusso, ad Antonio Baravalle, a capo di Lavazza, a Pietro Gorlier, ceo di Comau, Alfredo Altavilla e a tanti altri. Lei si sente più un Marchionne boy arrivato al top o un emergente Car guy in Europa?
Se c’è un idolo di leadership per me è Marchionne. Sono stato educato da lui in tutti i sensi, nel suo stile ipercarismatico, a volte brutale nella sua onestà, a volte didattico. Ho “resistito” decine di anni con lui, aveva una visione molto manageriale nel conoscere e seguire la carriera dei suoi top 100. Ho lavorato sotto la sua diretta supervisione per sei, sette anni e lui direttamente mi ha promosso un paio di volte, l’ultima è stata a marzo del 2018, quando sono entrato nel GEC. È stata una scuola, davvero, e se qualcuno mi definisce un Marchionne boy per me è un onore. Tra l’altro, tutti gli altri li conosco bene e li stimo, sono stati colleghi o miei capi. Sono, in un certo senso, in senso positivo e per l’età, l’ultimo arrivato, l’ultimo nominato da Sergio Marchionne al GEC di Stellantis.
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Fonte: Il Sole 24 Ore