
Il cibo sprecato in Italia potrebbe sfamare tre milioni di persone
Il 13,9% della popolazione italiana, circa 8 milioni di persone, vive in condizioni di insicurezza alimentare moderata o severa, ma ogni anno vengono sprecati 1,7 milioni di tonnellate di cibo, l’equivalente di 3,4 miliardi di pasti da 500 grammi che potrebbero sfamare oltre 3 milioni di persone in povertà. Sono i dati dell’Osservatorio Waste Watcher International, evidenziati in vista del World Food Day, la Giornata che il 16 ottobre celebra il valore del cibo sul pianeta e gli 80 anni della Fao.
«Una giornata che invita a una riflessione profonda per un cambio di paradigma nelle politiche e nei comportamenti alimentari, l’Italia è un Paese che spreca e che ha fame», spiega il direttore scientifico Waste Watcher, Andrea Segrè, nel ricordare che il 13,8% degli italiani teme che nei prossimi dodici mesi verserà in una situazione di insicurezza alimentare.
«Dietro le cifre, si nasconde la realtà di famiglie costrette a ridurre la qualità o la quantità del cibo acquistato, saltare i pasti o rinunciare ai prodotti freschi perché troppo costosi. Una povertà alimentare che non è solo economica ma anche sociale e culturale, dove la difficoltà di accesso al cibo sano si accompagna alla perdita del suo valore nutrizionale e relazionale», dice Segré.
Ogni settimana, ciascun italiano getta in media 555,8 grammi di alimenti (Waste Watcher, settembre 2025), uno spreco domestico che dal 2024 al 2025 è diminuito del 18,7%, ma resta un fenomeno strutturale.
Il paradosso è evidente: chi ha meno tende a sprecare di più in quantità e in qualità. Secondo Waste Watcher, infine il 51% degli italiani si dichiara favorevole a inserire il Diritto al cibo nella Costituzione, anche a costo di un lieve aumento della tassazione per finanziare programmi di welfare nutrizionale, mense sociali e filiere corte. Lo “ius cibi” viene così riconosciuto come diritto fondamentale e costituzionale, per garantire a ogni cittadino un accesso stabile, equo e sostenibile a un’alimentazione adeguata.
Fonte: Il Sole 24 Ore