
«Il cinema non può fermare la guerra, ma può dare un volto alle vittime»
Un’ovazione di ventiquattro minuti alla proiezione ufficiale: The voice of Hind Rajab ha infranto il record di applausi alla Mostra del cinema di Venezia. «Ci eravamo accorti che il film aveva suscitato grande emozione, ma questa reazione ha superato ogni aspettativa. Gli applausi si sono fermati solo perché le maschere ci spingevano verso l’uscita per l’inizio di un altro film», racconta la regista tunisina Kaouther Ben Hania al «Sole 24 Ore» a Venezia nello spazio di I Wonder Pictures, la casa di produzione che distribuirà in Italia questo film, che ha vinto ieri sera il Leone d’Argento Gran Premio della Giuria. La pellicola è costruita sulla vera voce registrata di una bambina palestinese di sei anni di Gaza, Hind Rajab, che chiede alla Mezzaluna Rossa di essere salvata. È il 29 gennaio 2024: per quanto gli operatori si prodighino, moriranno la piccola e i due soccorritori.
«Il cinema non può fermare la guerra, ma poiché provavo un intollerabile senso di impotenza verso il genocidio di Gaza, ho pensato che se un film non può cambiare il mondo, può almeno cambiare la maniera in cui guardiamo il mondo. Di fronte alla disumanizzazione di ciò che accade a Gaza, possiamo dare alle vittime un volto, un nome e una storia. Il cinema non è più il centro attorno a cui ruota il mondo dell’immagine, come lo era nel XX secolo. Abbiamo i social media, internet, TikTok, la televisione; quindi, l’attenzione dello sguardo è anche su altri versanti. Ma questa offerta non è informativa, ma quantomai anestetizzante. I social media non sono un luogo di memoria. Il cinema, invece, è un terreno adatto all’empatia». Kaouther ben Hania, classe 1977, ha nel suo curriculum L’uomo che vendette la sua pelle, con Monica Bellucci, primo film tunisino candidato all’Oscar al miglior film internazionale. Ha un’espressione entusiasta, ma anche guardinga. The voice of Hind Rajab ha commosso il Lido, ma lo ha anche diviso. Alcuni la accusano di aver realizzato un’operazione ricattatoria, altri che non si tratti di vero cinema. Chi scrive era alla prima proiezione mattutina per la critica e può testimoniare che non si era mai sentita in sala una tensione così accesa e un applauso così prolungato. Nessuno ha giustamente protestato quando nel 2022 il Leone d’oro è stato assegnato a Tutta la bellezza e il dolore, il documentario di Laura Poitras che segue la battaglia della fotografa Nan Goldin contro la società farmaceutica Purdue Pharma, ritenuta responsabile dell’epidemia di oppioidi negli Stati Uniti. The voice of Hind Rajab non può essere considerato ricattatorio, perché nessuno di noi, per fortuna, si può mettere nei panni della bambina. Il film è stato realizzato in 12 mesi, un vero record. «Avevamo fretta perché la situazione a Gaza è disastrosa e in un anno si possono fare molte cose. Era un film difficile sotto il profilo emotivo, ma in termini cinematografici non era complicato: c’era un unico set, un open space. E poi attorno al film si è creata un’energia molto bella». Sulla traccia vocale di Hind Rajab, registrata dalla Mezzaluna Rossa quel 29 gennaio, si è costruita la performance della responsabile della squadra (Saja Kilani), di un operatore (Motaz Malhees), del coordinatore (Amer Hlehel) e di una psicologa (Clara Khoury). In alcuni momenti le loro recitazioni si sovrappongono alle voci reali registrate. «Inizialmente ho pensato di far interpretare Hind da una piccola attrice, ho incontrato non so quante bambine, chiedendo loro di ripetere ciò che diceva la registrazione. Poi ho pensato: perché? Per me era cattivo gusto. Abbiamo a disposizione su Internet la sua vera voce, dovevo forse cambiarla per mettere a proprio agio il pubblico?» Dopo aver contattato i membri della Mezzaluna Rossa coinvolti per capire che cosa fosse successo, la regista ha chiamato la madre di Hind, Wissam Hamada, che è ancora a Gaza con il fratellino di Hind. «Se non avessi avuto l’approvazione della famiglia non avrei fatto il film, non avrebbe avuto senso. Wissam Hamada è una donna incredibile, la rappresentazione della resilienza. Mi ha detto che non voleva che la voce della figlia fosse dimenticata e, quindi, per me era importante mettere al centro del progetto proprio la registrazione. Capisco che possa essere un po’ disturbante, ma questo film non è fatto per mettere lo spettatore a proprio agio, perché a Gaza si continuano ad uccidere persone. Ho voluto onorare la storia di Hind, traducendo il primo sentimento che ho provato sentendo la registrazione. La bambina supplicava che la venissero a salvare, quindi per me il migliore modo per rappresentarla era quello di mettersi nella cabina di regia della Mezzaluna Rossa». The voice of Hind Rajab ha ottenuto il sostegno di Joaquin Phoenix, di Rooney Mara – che mercoledì erano al Lido sul tappeto rosso per sostenere il film assieme al cast – di Brad Pitt, di Alfonso Cuarón e del regista di The Zone of Interest Jonathan Glazer, che sono diventati i produttori esecutivi. Questo appoggio potrà essere un buon trampolino per gli Oscar, visto che l’Academy ha dimostrato grande coraggio premiando agli inizi del 2025 No other land, che documentava l’occupazione israeliana nella Striscia di Gaza.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Fonte: Il Sole 24 Ore