
Il climatologo Pasini: «La Cina oggi è più ecologista di noi»
«È frustrante come climatologo, ma sulla lotta al cambiamento climatico stiamo tornando indietro. È come nel film Don’t look up, quando arriva l’asteroide ma la gente non vuole vedere». Antonello Pasini è fisico e climatologo del Cnr e insegna anche Fisica del clima all’Università Roma Tre. Ha appena dato alle stampe “La sfida climatica. Dalla scienza alla politica: ragioni per il cambiamento” (Codice Edizioni), lo presenta domenica 18 maggio nell’ultima giornata del Food&Science Festival di Mantova, l’annuale appuntamento con la divulgazione scientifica promosso da Confagricoltura, che ha tagliato i nastri venerdì 16. Pasini è tra gli ospiti d’onore di questa nona edizione del festival, insieme all’astronauta Paolo Nespoli, all’economista Andre Segrè, allo chef e conduttore tv Roberto Valbuzzi e all’agricoltore star del web Matt the Farmer.
Dall’America di Trump alla nuova Commissione Ue, in Occidente è tutto un ritrattare sulle politiche green: «Il cambiamento climatico è un tema complesso – dice Pasini – non si risolve pensando che tanto noi dei Paesi ricchi ce la caveremo, o al limite andremo su Marte, come suggerisce Elon Musk. Il sovranismo ci chiude in un benessere apparente. I problemi si risolvono soltanto con il multiateralismo, che oggi è in crisi». A sorpresa, mentre l’Occidente arretra, ci sono Paesi emergenti che al contrario avanzano nella sensibilità ecologica. «La Cina è una dittatura, certo – dice Pasini – ma in questo momento sta facendo molto più di noi. Il carbone è ancora la fonte energetica prevalente, ma Pechino sta facendo parecchio sulle rinnovabili e questo grazie alla spinta dal basso dei suoi cittadini. Nel 2008 sono stato chiamato in Cina come responsabile delle previsioni meteo del villaggio olimpico: ogni giorno, sui giornali, c’erano almeno una o due pagine che parlavano di tematiche ambientali. La gente in Cina era arrabbiata, si moriva per colpa dello smog, così c’è stata una forte spinta dal basso a cambiare le cose. E se una spinta dal basso in Cina, che è un Paese dittatoriale, è riuscita a cambiare le scelte del governo, immaginiamo cosa potremmo fare noi nei Paesi democratici».
In Europa e in America, negli anni Duemila, sono stati i giovani soprattutto a scendere in piazza per chiedere una svolta Green, seguendo l’esempio di Greta Thunberg. Ma anche la loro spinta, in questi ultimi tempi, sembra venuta meno: «I giovani sono stretti tra due forze contrapposte, una è quella ambientalista e l’altra è la pubblicità che induce al consumismo: vuoi una cosa? Comprala. Ma io resto ottimista». Se fosse un uomo di Stato, il professor Pasini farebbe due cose: «La prima è intervenire per adattare i nostri territori agli eventi estremi: costruire i bacini idrici per la siccità, per esempio, oppure rinforzare gli argini dei fiumi contro le piene. Il clima è un’inerzia, questa tendenza agli eventi estremi ce la terremo per il futuro. Possiamo rallentare i fenomeni, ma non tornare indietro. La seconda cosa che farei sarebbe investire per ridurre i gas serra e aumentare le rinnovabili, proprio per rallentare quanto più possibile il peggioramento delle condizioni».
Al Food&Science Festival di Mantova quest’anno il cartellone è articolato in nove filoni tematici. Accanto al tema del cambiamento climatico e dei suoi effetti sull’agricoltura, si parlerà anche di innovazione nel piatto: dai nuovi prodotti – come il riso o i pomodori – modificati geneticamente senza però essere Ogm, fino alla carne coltivata. Sotto i riflettori ci saranno anche il biogas e le altre energie rinnovabili, l’economia circolare e la riduzione degli sprechi, l’agricoltura rigenerativa e la biodiversità, la salute e la nutrizione.
Nonostante questa primavera piovosa, le previsioni per il weekend danno sole pieno sul festival di Mantova. E l’estate come sarà? «Non mi spingerei a fare previsioni per i prossimi mesi – si schermisce il climatologo Pasini – diciamo che la tendenza negli ultimi anni è ormai quella di andare verso temperature alte, anche se per questa primavera inoltrata mi aspetto ancora un po’ pioggia. È più facile dire come sarà il clima fra trent’anni». Pessimo? «Il futuro dipende da quello che facciamo noi».
Fonte: Il Sole 24 Ore