Il coraggio mancato di un Leone per Gaza. Vince il film di Jarmusch

Il coraggio mancato di un Leone per Gaza. Vince il film di Jarmusch

La Mostra, che ha il dovere di scuotere e scompaginare, aveva nascosta l’arma segreta nella seconda settimana, quando si è palesato The voice of Hind Rajab della tunisina Kaouther Ben Hania, costruito sulla vera voce registrata di una bambina palestinese di sei anni, che supplica la Mezzaluna Rossa di essere salvata da un attacco dell’esercito israeliano. Questo film poteva e doveva vincere il Leone d’oro e, invece, la giuria, guidata da Alexander Payne, non ha avuto il coraggio di premiare un’opera necessaria, abdicando in nome della deferenza a un grande autore, Jim Jarmush, se non, a essere malevoli, dell’amichetteria.

Il Leone d’oro a Jim Jarmusch

Intendiamoci, Father Mother Sister Brother è un film delizioso, che racconta con garbata ironia in tre episodi le ipocrisie e i non detti che corrodono le relazioni familiari, dove i figli sono migliori dei genitori. Nel primo episodio, un padre assente e bon vivant, l’eccezionale Tom Waits, finge una vita dimessa di fronte ai due figli in visita, Adam Driver e Mayim Bialik, a lui quasi sconosciuti. Nel secondo, due gemelli, Indya Moore e Luka Sabbat, si ritrovano a Parigi per dare l’ultimo saluto alla casa dove vivevano i genitori hippie, mancati in un incidente. Nell’ultimo, Charlotte Rampling è una madre disinteressata alla vita delle sue due ragazze, Cate Blanchett e Vicky Krieps, e ossessionata dalla cerimonia del tè che una volta all’anno le riunisce.

Il Leone d’argento a «The voice of Hind Rajab»

Sulle note della poetica jarmuschiana si sorride, si pensa e ci si annoia anche. Certamente, dopo la visione, si schiacciano sonni tranquilli, come non sarebbe accaduto con The voice of Hind Rajab che racconta quanto era accaduto il 29 gennaio 2024 a Gaza dalla sala operativa della Mezzaluna Rossa: l’impotenza e l’impossibilità di salvare una bambina rinchiusa in un’auto mentre un’ambulanza era a solo 8 minuti da lei. La giuria ha voluto per questo film urgente, distribuito da I Wonder Pictures, il secondo posto, ovvero il Leone d’argento Gran premio della Giuria.

Il Lido aveva accolto il film con la più lunga ovazione che la Mostra ricordi (24 minuti), ma anche dividendosi, tra chi lo ha amato da subito, come chi scrive, e chi lo ha accusato di essere ricattatorio e poco cinematografico. Invece, sono 90 minuti tesissimi, che ricostruiscono il protocollo kafkiano cui si devono sottoporre i soccorritori. «Ecco in cosa consiste l’occupazione – ha precisato la regista -. Avere regole impossibili, che, se anche seguite, non portano ad alcun risultato». The voice of Hind Rajab forse non è il capolavoro del secolo, ma, tra i Leoni d’oro degli ultimi anni, ha cambiato il cinema Nomadland? Era cinema-cinema Tutta la bellezza e il dolore, documentario di Laura Poitras su Nan Goldin e l’epidemia di oppioidi negli Stati Uniti? Il film di Ben Hania è una di quelle pellicole che squassano e interrogano, cioè fanno quello che deve fare l’arte. La Mostra, mettendolo in concorso, ha dimostrato di essere all’altezza del suo nome. Per fortuna molti quelli che sono saliti sul palco, da Nino D’Angelo a Toni Servillo, hanno chiesto di fermare il massacro, cui si è unito il videomessaggio del cardinale Pierbattista Pizzaballa da Gerusalemme che ha auspicato l’avvento di un linguaggio diverso che allontani l’odio. «Aiutateci a costruire anziché distruggere».

Fonte: Il Sole 24 Ore