
Il Dalai Lama compie 90 anni e avvia confronto interno sulla successione
Dal nostro corrispondente
NEW DELHI – In vista del suo 90esimo compleanno, il Dalai Lama ha dato il via, lunedì 30 giugno, a un’attesa tre giorni di incontri con un centinaio di importanti figure religiose buddhiste che potrebbe fornire delle indicazioni sulla sua successione. I suoi seguaci – oltre che i governi di Cina, India e Stati Uniti – attendono che il leader spirituale tibetano sveli dei dettagli sull’identità di chi prenderà il suo posto, una mossa molto irrituale giustificata dalla volontà di prendere in contropiede Pechino, che considera il Dalai Lama un leader separatista e, alla sua scomparsa, mira a scegliere il suo successore.
In base alla tradizione tibetana l’anima dei più importanti monaci buddhisti si reincarna dopo la loro morte. L’attuale Dalai Lama, il 14°, nato come Lhamo Dhondup il 6 luglio 1935 in una famiglia di contadini nell’odierna provincia cinese del Qinghai, fu identificato come tale reincarnazione all’età di soli due anni. Nel 1940, Lhamo Dhondup fu portato al Palazzo del Potala a Lhasa (oggi capitale della Regione Autonoma del Tibet) e ufficialmente riconosciuto come guida spirituale del popolo tibetano. Il Dalai Lama vive in esilio, assieme ad altri 100mila tibetani, nel nord dell’India dal 1959, dopo essere fuggito in seguito a una fallimentare rivolta anticinese.
No a candidati Lama scelti con criteri “politici”
Il leader buddhista ha affermato che il suo successore nascerà fuori dalla Cina e ha esortato i suoi seguaci a rifiutare «qualsiasi candidato scelto per fini politici da chiunque, inclusa la Repubblica Popolare Cinese». Gli ufficiali della Gaden Phodrang Foundation, fondata dallo stesso Dalai Lama nel 2015, saranno incaricati di individuare e riconoscere il suo successore. Thupten Ngodup, il principale oracolo di stato del Tibet, ha spiegato che tradizionalmente le discussioni sulla reincarnazione non avvengono quando un monaco è ancora in vita, ma la situazione attuale è diversa, principalmente a causa dell’«interferenza del governo cinese».
I “diritti” della Cina inesi sulla scelta del prossimo leader tibetano
La Cina, tuttavia, rivendica il diritto di approvare il successore del Dalai Lama, in nome di una tradizione imperiale che risale al 1793. Pechino sostiene che la reincarnazione debba avvenire entro i confini cinesi e seguendo le leggi nazionali. Molti tibetani vedono l’ingerenza cinese come un tentativo politico di controllare la loro comunità. Il Dalai Lama ha dichiarato che è inappropriato che i comunisti, che rifiutano la religione, «interferiscano nel sistema di reincarnazione dei lama, tanto meno in quello del Dalai Lama».
Fonte: Il Sole 24 Ore