Il dubbio come bussola: nelle scuole italiane parte “Doubt and Debate”
Ci sono parole che il più delle volte portano con sé, nella vulgata comune, significati intrinsechi negativi. “Dubbio” può sicuramente rientrare fra queste. Eppure, nel mondo che corre veloce sull’asfalto digitale degli algoritmi, dubitare torna a essere considerato per certi versi un atto di sopravvivenza.
Lunedì prossimo 150mila studenti italiani, seguiti da 4.400 insegnanti, inizieranno a farlo insieme: parte ufficialmente “Doubt and Debate”, il nuovo progetto internazionale dell’Osservatorio for Independent Thinking, ideato da Andrea Ceccherini con il sostegno di Tim e di una costellazione di media partner tra cui Il Sole 24 Ore, Corriere della Sera, la Repubblica, Rai, Mediaset, Cnn, New York Times, El País. «Con Doubt and Debate – ha spiegato Ceccherini – ci candidiamo a rendere le giovani generazioni sempre più capaci di sviluppare un proprio pensiero critico, libero e indipendente, che li possa proteggere dai tentativi sempre più subdoli della propaganda e della manipolazione».
Il progetto, frutto di due anni di sperimentazione, propone un minimo di venti lezioni di tech e media literacy (10 per ciascuno dei due ambiti). Vedrà interessate quest’anno sperimentalmente 6mila classi e, specifica Ceccherini, «si affiancherà al “Quotidiano in classe”, progetto storico dell’Osservatorio. Alfabetizzazione digitale e mediatica, ma anche educazione civica per il XXI secolo. Gli studenti impareranno non solo come «funziona la rete, questa scatola magica in cui trascorrono molte ore del giorno, senza conoscerne però le regole che la governano», ma anche come distinguere «le notizie vere da quelle false» e «i fatti dalle opinioni». Il tutto giocando sullo stesso terreno dei ragazzi: stessi codici, stesso linguaggio e mezzi, ma contenuti prodotti da un mondo dell’informazione certificata che può e deve distinguersi dal sottobosco di dispensatori di informazione fake, quando non addirittura inquinata. In un’epoca in cui il dibattito pubblico oscilla tra eco-chambers e rabbie algoritmiche, Doubt and Debate restituisce alla scuola un ruolo di presidio democratico. La piattaforma – accessibile gratuitamente a tutte le scuole secondarie di secondo grado – offrirà contenuti multimediali, video news analizzate da diverse prospettive (politiche, economiche, culturali), e masterclass per i docenti con figure internazionali dell’informazione. Il metodo è quello delle thinking routines, un allenamento mentale al confronto, per insegnare che il mondo non è fatto di certezze ma di punti di vista, e che la verità non è un link da cliccare, ma un cammino da seguire e un obiettivo cui tendere. In questa palestra del pensiero cui saranno sottoposti in venti lezioni gli studenti delle scuole secondarie superiori aderenti al progetto, trovano spazio i temi più urgenti della contemporaneità: l’impatto dell’intelligenza artificiale e le sue derive etiche; la sfida del clima e della sostenibilità in un’economia interconnessa; le faglie di una geopolitica in mutamento continuo; i conflitti e le crisi internazionali che attraversano le nostre cronache quotidiane. Ma anche il potere dei media digitali, la minaccia della disinformazione, la fragilità della salute mentale nell’iperconnessione, le nuove forme di lavoro e attivismo giovanile, e il valore di diversità, equità e inclusione come architravi di una cittadinanza globale. Insomma un tentativo di riscrivere il contratto tra scuola e società. Perché la generazione cresciuta con l’IA e i social, rischia di essere la più informata e, paradossalmente, la meno consapevole.
Fonte: Il Sole 24 Ore