Il futuro digitale dell’Europa fra controllo e sovranità dei dati: ecco la ricetta del Ceo di Cisco

Il futuro digitale dell’Europa fra controllo e sovranità dei dati: ecco la ricetta del Ceo di Cisco

Maggiore controllo sulle infrastrutture tecnologiche e sui dati critici: è uno dei dogmi di governi e organizzazioni e lo è, per vari aspetti, soprattutto per le aziende del Vecchio Continente, alle prese con la diffusione pervasiva dell’intelligenza artificiale e con i necessari passi in avanti da compiere per rispettare i paletti regolatori imposti dall’AI Act, con l’esigenza sempre attuale di rinforzare i livelli di sicurezza digitale e di creare i presupposti per realizzare il progetto di un cloud sovrano. La sovranità digitale dell’Europa è un tema forte e da tempo cerchiato in rosso nell’agenda degli organismi Ue e delle grandi aziende rispetto a un pensiero convergente verso la creazione di fondamenta sicure e affidabili per vincere la scommessa (presente e futura) di una società e di un’economia sempre più legata alle capacità messe a disposizione dall’AI. Non deve stupire insomma che due giganti del panorama tech mondiale come Amazon Web Services e SAP abbiano annunciato nelle scorse ore un’estensione della propria partnership per rendere disponibili le soluzioni contenute nella piattaforma Sovereign Cloud della casa tedesca sulla nuova infrastruttura indipendente (denominata European Sovereign Cloud e pronta a debuttare con la sua prima Region in Germania, nel Brandeburgo, entro la fine del 2025) della società nordamericana, sostenuta da un investimento pluriennale di 7,8 miliardi di euro.

Rispondere alle esigenze di sovranità digitale delle aziende europee è un obiettivo comune a tutti i grandi vendor e non fa certo eccezione un player che opera da oltre 35 anni in questo mercato come Cisco, che ha annunciato un nuovo pacchetto di soluzioni hardware e software specificamente pensato per supportare governi, organizzazioni del settore pubblico, fornitori di infrastrutture critiche e imprese attive in settori altamente regolamentati (come banche, sanità e manifattura) in questa delicata transizione avente come dogma la gestione sicura dei dati.

Un portafoglio di soluzioni

L’approccio del colosso californiano del networking per il controllo delle infrastrutture digitali contempla da anni l’uso combinato di tecnologie on-premise (installate dentro i sistemi delle aziende) e soluzioni erogate in modalità “as a service” (in cloud) e viene oggi ampliato proprio per essere più rispondente ai cambiamenti imposti dall’avanzata dell’intelligenza artificiale. Che il lancio della Sovereign Critical Infrastructure sia per Cisco un passaggio importante lo conferma anche il fatto che a presentarlo in anteprima ai media (il Sole24ore era l’unica testata italiana invitata alla round table virtuale) siano intervenuti contemporaneamente il Ceo della compagnia Chuck Robbins, il Chief Product Officer, Jeetu Patel, e il Presidente Emea, Gordon Thomson. Proprio quest’ultimo ha spiegato i razionali alla base dell’annuncio spiegando come questa idea avanzata di infrastruttura risponde a tre aree chiave di sovranità che sono in cima alla lista delle richieste delle aziende clienti. La prima riguarda il controllo dei dati, che sarà completamente appannaggio dei clienti: tutti i prodotti contenuti nella Sovereign Critical Infrastructure (router, switch, apparati wireless, dispositivi endpoint, tool di collaboration e soluzioni di sicurezza proprietarie e del partner Splunk) sono infatti “air-gapped” on premise, ovvero sia “isolati” e funzionanti off line, totalmente gestibili dall’azienda che li implementa nei propri ambienti fisici e senza che Cisco possa in alcun modo disabilitarli da remoto. La seconda è strettamente legata alla prima e riflette l’esigenza di possibili interferenze (extra europee) nella gestione, nel controllo e nell’uso dei dati e delle reti delle imprese utenti. La terza riflette invece la necessità di massimizzare il vantaggio competitivo promesso dalle infrastrutture di AI, senza pregiudicare in alcun modo la sicurezza dei dati e garantendo che i dati usati per l’addestramento dei modelli di intelligenza artificiale rimangano sotto il totale governo del cliente. C’è infine un’ulteriore prerogativa del portafoglio di Sovereign Critical Infrastructure, ed è la compatibilità con certificazioni quali Common Criteria e IPv6 e (questa la roadmap) con i parametri definiti nell’ambito della European Union Cybersecurity Certification (EUCC).

Il Ceo: “non operiamo per creare lock-in”

Chuck Robbins ha aperto la tavola con i media europei sottolineando l’importanza di questa regione per la sua compagnia e ricordando i consistenti investimenti operati nel Vecchio Continente, anche in fatto di formazione. Ma quale è la visione del Ceo in merito all’ipotesi, ventilata da alcuni esperti, secondo cui i grandi fornitori tecnologici statunitensi non possano realmente contribuire alla sovranità digitale europea senza creare dipendenza? A nostra precisa domanda, il numero uno della società californiana ha per così dire respinto le “accuse” evidenziando come l’operato di Cisco in Europa sia lontano dall’essere un approccio che possa generare “lock-in” o vincoli tali da portare a gravi conseguenze per le aziende. “Abbiamo una lunga storia di lavoro in Europa e in tutto il mondo – ha spiegato il manager – e abbiamo sempre operato come partner affidabili in tutti in Paesi in cui serviamo i nostri clienti, e questa è sempre stata una convinzione per noi fondamentale. Molta della tecnologia che sarà fornita anche in futuro alle imprese e ai governi europei sarà basata negli Stati Uniti, e credo che questo sia il motivo per cui è estremamente importante per questi soggetti assicurarsi di scegliere partner di cui si fidano e con i quali hanno costruito una storia. Non abbiamo mai operato partendo dal presupposto di creare dipendenza o anche solo un’incapacità di passare a uno dei nostri concorrenti, laddove un cliente desiderasse farlo”. Una presa di posizione netta (e anche assolutamente comprensibile) quella del Ceo, che trova effettivamente riscontro nell’annuncio di un portafoglio di soluzioni basato su licenze “air gap” che, a differenza delle offerte di infrastruttura sovrana proposte da altri vendor, non è limitata a singoli prodotti o a una specifico ambiente aziendale ma riguarda l’intero catalogo di soluzioni Cisco, dagli apparati per i data center a quelli di networking per i branch office, dalle applicazioni per la collaborazione (a tendere l’intera suite Webex) a quelle di cybersecurity. E tutti questi prodotti, ha confermato in proposito Thomson, saranno portati nelle aziende dagli operatori del canale dotati delle necessarie competenze (solo pochi grandi clienti acquistano direttamente da Cisco) e beneficeranno di aggiornamenti regolari non in cloud ma direttamente nella rete locale del cliente, senza alcuna connessione esterna.

Fonte: Il Sole 24 Ore