
Il successo di Marasco e la persistenza del romanzo
Nella splendida cornice del Teatro La Fenice di Venezia, il premio Campiello 2025 è stato vinto dal libro più tradizionalmente narrativo: Di spalle a questo mondo di Wanda Marasco (già premio Costa Smeralda): conferma che i lettori continuano a preferire il romanzo nel senso classico e popolare del termine.
La cinquina del Campiello di quest’anno è il frutto di scelte coraggiose della giuria letteraria e in sintonia con la storia sempre innovativa del premio, che fin dalla prima edizione aveva scelto un testo audace e spiazzante come La tregua di Primo Levi. Ma anche i lettori, pur optando infine per il romanzo di Marasco, hanno dato un sostanzioso apporto a Bebelplatz di Fabio Stassi, narrazione di forte prospettiva storica e civile sui roghi nazisti dei libri che si ricollega idealmente proprio al libro di Levi. «Là dove si bruciano i libri», afferma Stassi citando Heinrich Heine, «si finisce per bruciare anche le persone». Difendere i libri significa perciò difendere la vita umana, consentirne la libertà e l’esistenza.
Pure gli altri libri finalisti sono espressione di una ricerca di identità e di libertà che testimonia l’urgente bisogno di autenticità che distingue i nostri giorni. In Nord Nord Marco Belpoliti va alla ricerca di frontiere geografiche che sono indice di un lucido e radicale percorso esteriore e interiore: «i confini sono una cosa labile, elastica e arbitraria, spesso sono fantastici e fantasticabili», per cui «tutto è relativo e dipende da come si guardano le cose»: che è un intenso e drammatico approfondimento dei drammi odierni, un invito a riflettere sulle ragioni e le tragedie della Storia, di cui possiamo essere spettatori, complici e protagonisti.
In Troncamacchioni di Alberto Prunetti, ambientato nella Maremma nei primi anni Venti del ’900 (quando il fascismo attua con violenza la propria controrivoluzione autoritaria), anarchici, comunisti e socialisti, calzolai e boscaioli, si oppongono con decisione all’irrompente e crescente totalitarismo; appunto da «troncamacchioni», cioè da chi negli aspri boschi metalliferi della Toscana sconfigge con utopica fiducia e spavalderia l’imprigionante «macchia» della natura e della società.
Nei racconti di Inverness di Monica Pareschi (il titolo rinvia alla città del nord della Scozia e al concetto di “invernità” quale stagione fisica e mentale) c’è un sottofondo comune di ferite e offese della vita, di urgenti e radicali rese dei conti, nell’ottica appresa dall’amato Thomas Hardy che «se la verità disvela un’offesa, è meglio un’offesa disvelata di una verità nascosta».
Fonte: Il Sole 24 Ore