
Il test dell’attuazione: 521 decreti in attesa per sbloccare 2,8 miliardi
La ripresa della attività politica dopo la pausa estiva si annuncia fitta di appuntamenti. Già sono in corso discussioni sulle misure da inserire nella manovra 2026, con la consueta caccia alle risorse. Quest’anno, poi, c’è un calendario fitto di elezioni regionali: 7 territori (Calabria, Marche, Toscana, Valle d’Aosta, Campania, Puglia e Veneto) andranno al voto il prossimo autunno, per oltre 18 milioni di italiani chiamati alle urne. Si parte con le Marche il 28-29 settembre, poi si proseguirà con le altre Regioni: un test delicato per il governo e per gli equilibri interni alla maggioranza, che si inserisce all’interno dell’iter della sessione di bilancio.
Come se non fosse sufficiente, a questi dossier si aggiunge lo stock di 414 provvedimenti attuativi da varare per rendere pienamente operativi i decreti legge e le leggi che hanno avuto il via libera dal governo Meloni dal 22 ottobre 2022, giorno dell’insediamento. Ma non basta. Anche gli esecutivi della precedente legislatura hanno lasciato il loro carico di misure da varare, che, nonostante l’impegno dell’attuale esecutivo, non è ancora stato completamente smaltito: mancano altri 107 atti, di cui 70 fanno riferimento al governo guidato da Mario Draghi, 27 al governo giallorosso di Giuseppe Conte e 10 al governo gialloverde (Conte I). Se si tirano le somme, un totale di 521 atti di cui 206 hanno già visto passare il termine previsto per l’adozione dalla stessa legge di riferimento (158 del governo Meloni, 37 di Draghi, 6 del Conte II e 5 del Conte I).
Va sottolineato che in alcuni casi ad un provvedimento attuativo è legato lo stanziamento di risorse. I provvedimenti attuativi da varare riferiti al governo Meloni permetterebbero di sbloccare quasi 1,9 miliardi, riferiti al 2025 e agli anni passati. Somma che sale a 2,8 miliardi se si considerano anche gli stanziamenti bloccati dagli atti da varare degli esecutivi della passata legislatura. Se infine si considerano anche i successivi due anni dei finanziamenti pluriennali (fino quindi al 2027) si arriva a poco più di 6,7 miliardi in totale.
Si incomincia tuttavia a far sentire l’impegno del governo Meloni a ridurre il ricorso ai provvedimenti attuativi, per puntare sempre più su norme autoapplicative. O, quantomeno, per dare la precedenza a quegli atti che permettono di sbloccare risorse. Un anno fa (si veda il Sole24Ore del 18 agosto 2024) lo stock dei provvedimenti attuativi da smaltire era a quota 538, e questi ultimi tenevano bloccate risorse pari a 6,6 miliardi.
Nella ultima relazione del governo sul monitoraggio dei provvedimenti legislativi e attuativi (aggiornamento al 28 giugno 2025) si faceva notare come «i provvedimenti legislativi varati dal Governo Meloni hanno previsto l’impiego di risorse finanziarie per un totale di 288.542.954.961,28 euro (esercizi 2022, 2023, 2024 e 2025)». Di queste risorse, «soltanto l’11,3% (pari a 32.718.197.686,94 euro) è riconducibile a norme che rimandano alla successiva adozione di decreti attuativi». Inoltre, faceva sempre notare la relazione, al 28 giugno 2025, erano già stati «resi disponibili l’87%» degli euro legati all’adozione di provvedimenti attuativi: «Quindi considerando le risorse già disponibili in quanto riferite a norme auto-applicative e quelle sbloccate con l’adozione dei provvedimenti attuativi è stato complessivamente reso disponibile il 98,5% dell’ammontare complessivo delle risorse previste per gli esercizi finanziari 2022-2025».
Fonte: Il Sole 24 Ore