Il viaggio esoterico dell’onirico Agostino Arrivabene

Il titolo scelto da Agostino Arrivabene (Cremona, 1967) – Thesauros – preannuncia già lo splendore dell’antico in mostra a Ferrara, a Palazzo dei Diamanti, fino al primo ottobre 2023. L’esposizione antologica è composta da quaranta opere, preziose simil naturalia, mirabilia e artificialia, prodotte dall’artista dal 1985. Doni votivi che Arrivabene ha deciso di venerare come gli antichi Greci facevano con i vari θησαυρός, piccoli tempietti sacri adibiti al culto degli dei.

È una tensione verso il divino quella che il pittore cerca di ricreare nelle sue opere, esplorando spesso la via del dolore, del male e delle mancate virtù umane. È il caso di Lucifero (1997), uno dei dipinti più iconici dell’artista e un omaggio a Leonardo da Vinci, grazie alla sua impostazione simile a quella della Gioconda.

Lucifero

Arrivabene considera l’opera un metaforico autoritratto di un periodo buio della sua vita: Lucifero, “portatore di luce”, un tempo l’angelo più bello e ora il capo dei demoni. Le braccia poggiano sul bordo di un sarcofago, rimando alla madre dell’artista, morta nel periodo di esecuzione del quadro. Il volto color carbone – ancora incoronato – sparisce nelle profondità dell’Ade e porta con sé il monito delle parole di nietzschiana memoria “Se guardi a lungo nell’abisso, l’abisso guarderà te”.

Paolo e Francesca

Un nero pece, un tentativo di catarsi dal dolore, ma anche un vuoto profondo che nega bellezza e verità. L’allestimento della mostra è studiato in relazione all’asse prospettico che si crea nelle sale di Palazzo dei Diamanti tra il sopracitato Lucifero e la monumentale Erotomachia infera, di recente esecuzione, in cui è rappresentato il girone dei lussuriosi dell’Inferno dantesco. Nel secondo cerchio, in alto a destra, sono visibili due celebri dannati: gli amanti-cognati Paolo e Francesca, eternizzati in un abbraccio sensuale e struggente. Nei dipinti di Arrivabene, eseguiti con tecniche classiche e materiali preziosi (predilige l’uso di foglie d’oro, pietre e madreperla) vi sono tanti rimandi agli echi dei grandi Maestri: Leonardo, Michelangelo, Rembrandt e Jan van Eyck fino ad arrivare al ferrarese Ercole de’ Roberti, a cui è dedicata l’opera Il sogno di Asclepio (2015). La tavola del Seicento su cui Arrivabene ha dipinto è ispirata al libercolo dei Discorsi sacri di Elio Aristide, che descrive la psicologia dell’infermo. Per trovare una cura ai suoi dolori, il malato sogna di rivolgersi ad Asclepio, dio greco della medicina. In questo caso la divinità gli chiede di tagliarsi un dito per guarire al meglio. Sul fondo si coglie un riferimento alle straordinarie invenzioni paesistiche di de’ Roberti: una vista di Ravenna totalmente avulsa dalla realtà, con dei monti cariati come denti, la prima strada verso una pittura simbolica, come la Pala Portuense del celebre artista ferrarese. Arrivabene possiede uno stile ambizioso e una tecnica perfettamente eseguita, che richiama il magico e l’antico, il simbolismo e il surrealismo, percorrendo la retroguardia senza mai cadere nella banalità del citazionismo. Ne è un esempio pratico il trittico intriso di allegorie La custode dei destini (1985), realizzato quando il pittore aveva solo diciotto anni, omaggio alla cugina Marika che lo introdusse all’amore verso il settore umanistico e raffigurata in ogni sua opera nelle vesti di Athena – dea protettrice delle arti e del sapere. Anche ne I sette giorni di Orfeo (1996) si nota il rimando ai classici greci, alla pittura fiamminga e all’atmosfera surrealista ritrovabile in artiste del calibro di Leonora Carrington. Orfeo, distrutto dal dolore per la perdita di Euridice, viene ritratto con la lira incantata donatagli da Apollo e un’espressione affranta sul volto. Meravigliose e riprese in più periodi le figure di Ade e Persefone, taumaturgiche per superare la paura della morte: in Ea-exit (2016) Persefone ritorna in volo, quasi come un vento spiritico, sulla Terra dopo il suo soggiorno negli Inferi. Ispirazione del dipinto I folli (2017) è un poemetto satirico di Brandt, dove la follia è rappresentata al meglio come una nube oscura, a simboleggiare la perdita della ragione.

Una raccolta di opere che è un viaggio esoterico tra onirico e reale, in cui il reale è solo mera parvenza.

Fonte: Il Sole 24 Ore