Il viaggio in Italia di Thomas Schütte, celebrato da MoMA e Pinault

Il viaggio in Italia di Thomas Schütte, celebrato da MoMA e Pinault

Secondo i dati condivisi di recente dal gruppo Apollo in occasione dell’incontro delle gallerie consorziate di Italics alla Fondazione Donnaregina – Museo Madre di Napoli, il mercato dell’arte italiano non fa numero, contando solo 0,5% a livello globale e 2% a livello europeo. Ma quando si va ad analizzare la carriera di un artista come il tedesco Thomas Schütte (Oldenburg, Repubblica federale di Germania, 1954) – un artista controcorrente, libero e provocatorio, eppure celebrato dalle maggiori istituzioni internazionali, pubbliche e private -, il ruolo del sistema dell’arte italiano, e dell’Italia in generale, assume tutto un altro impatto.

“Abbiamo conosciuto Schütte attraverso il gallerista Konrad Fischer di Düsseldorf, e dopo poco lo abbiamo ritrovato a Torino, prima alla mostra «Overture» che inaugurava il Castello di Rivoli nel 1984, e poi nella mostra Rheingold» al Palazzo della Società Promotrice delle Belle Arti pochi mesi dopo” ricorda Lisa Tucci Russo, dell’omonima galleria torinese – membro di Italics. Da lì l’invito a realizzare la sua prima mostra in Italia, nel 1986: la prima di sette e forse la più intransigente. In mostra c’era un’installazione unica che occupava tutto lo spazio espositivo, una sala quadrata di 15 metri di lato. “Abbiamo rispettato il suo immaginario, era un linguaggio difficile e purtroppo se la comprò un collezionista canadese, ma già alla seconda mostra arrivarono anche i collezionisti italiani come Giuseppe Panza di Biumo” aggiunge la gallerista. Da allora la collaborazione non si è mai affievolita, e Lisa Tucci Russo ha seguito l’artista nelle sue ultime importanti consacrazioni a livello internazionale.

La mostra a Venezia

Sono infatti passati solo pochi mesi dalla grande retrospettiva dell’artista tedesco al MoMA di New York, ed ecco che le sue opere sbarcano in laguna, negli spazi prestigiosi di Punta della Dogana, la seconda sede veneziana – oltre a Palazzo Grassi – della Collezione Pinault, restaurata con dedizione chirurgica dall’architetto giapponese Tadao Ando e aperta nel 2009. Al MoMA il percorso era cronologico e abbracciava in modo orizzontale le varie anime della pratica dell’artista – il disegno, la scultura e l’architettura – attraverso un repertorio che andava dal modellismo delle primissime opere create sotto l’egida di Gerhard Richter all’Accademia di Belle Arti di Düsseldorf negli anni ‘70, fino a una produzione scultorea monumentale che dagli anni ’90 in poi esplode i temi di un’umanità ironica e a tratti grottesca, vittima e paradosso di una società governata dall’incertezza.

A Venezia con la mostra «Genealogies», inaugurata il 6 aprile e visitabile fino al 23 novembre in concomitanza con la 19a. Biennale Architettura, i curatori Jean-Marie Gallais e Camille Morineau si sono concentrati sull’importante corpo di opere, 50 sculture, acquisite dall’imprenditore del lusso François Pinault a partire dagli anni 2000. Le opere della collezione sono state messe in dialogo con 150 disegni, molti acquarelli e quasi tutti inediti provenienti dallo studio dell’artista, che ha deciso di mostrare per la prima volta al pubblico anche una serie di schizzi realizzati durante una permanenza di tre mesi in un ospedale psichiatrico nel 2022, un momento cupo e rivelatorio. Questa produzione su carta fa da contrappunto intimo a una narrazione più esplicitamente plastica, dal bronzo alla ceramica ma anche al vetro, materiale che Schütte conosce nel 2011 con lo Studio Berengo di Murano, da allora suo collaboratore a Venezia.

Fonte: Il Sole 24 Ore