Il Vietnam nuova frontiera per il vino made in Italy

Il Vietnam nuova frontiera per il vino made in Italy

L’etichetta deve essere sfarzosa, importante, meglio ancora se con i colori dell’oro. Perché una bottiglia di vino, ad Hanoi, è soprattutto un regalo prestigioso da fare agli amici e ai conoscenti. E a dispetto del caldo tropicale che attanaglia le città del Paese, i vini più apprezzati non sono i bianchi freschi e frizzanti, ma i rossi di spessore e ad alta gradazione alcolica. Primitivo, Negramaro, Syrah, Amarone.

È così che vedono il vino in Vietnam secondo Natasha Linhart, ceo di Atlante, distributore all’estero di made in Italy agroalimentare di fascia alta. È appena tornata da una missione di scouting in quello che gli esperti qualificano come il quarto più grande mercato asiatico per il vino, ed è più che ottimista per le opportunità che si possono aprire per le cantine italiane: «In questo momento in cui il futuro del mercato statunitense è un grande punto interrogativo – dice – il Vietnam può rivelarsi una risorsa. Qui, grazie all’accordo di libero scambio firmato con la Ue, non si pagano dazi, né esistono quote contingentate come quelle previste dal Canada. In Vietnam, poi, la cultura del bere è già radicata da anni, un retaggio della colonizzazione francese».

Secondo VietStock, le vendite di vino sul mercato vietnamita registreranno una crescita media di circa l’11% all’anno entro il 2030. Su 100 milioni di abitanti, il 70% è compreso nella fascia tra i 15 e i 64 anni: considerato che l’età media dei consumatori di vini è tra i 35 e i 50 anni, il pubblico potenziale non manca. Dal punto di vista numerico, certo, Cina e India sono indiscutibilmente due mercati insuperabili. Ma Pechino fino a qualche anno fa non aveva una base culturale vinicola e ancora oggi si lavora a costruirla. Mentre a New Delhi i fattori religiosi e la cultura vegetariana richiedono maggiori sforzi nel favorire la diffusione del consumo di vino.

«Di vino – racconta Natasha Linhart – i vietnamiti se ne intendono; li ho visti all’opera, fanno commenti appropriati sul retrogusto di cacao o sul sentore di frutti di bosco. E sono molto interessati all’Italia. Certo, i vini francesi sono presenti sul mercato, ma verso Parigi il Vietnam ha un rapporto di odio-amore, come tutte le ex colonie. E questa, per le nostre etichette, può essere un’opportunità».

Fonte: Il Sole 24 Ore