«In Arabia Saudita il 90% dell’acqua sarà rinnovabile»
«Il secondo risultato è la creazione di certezza nel mercato dell’innovazione. In passato investivamo molto in capacità, ma gli innovatori non sapevano se le loro idee sarebbero state adottate. Oggi, con strumenti politici adeguati, sanno che se raggiungono determinati obiettivi le loro soluzioni saranno accolte e premiate con ulteriori finanziamenti. Questo ha generato fiducia e attratto nuovi innovatori: oggi l’ecosistema delle startup tecnologiche saudite è tra i più grandi del Medio Oriente. La terza trasformazione riguarda la diffusione della tecnologia. I ministeri stanno creando banchi di prova, sandbox e piattaforme di dati aperti per consentire agli innovatori di testare e lanciare i propri progetti».
Lei ha detto che ogni euro o dollaro investito in innovazione ne restituisce da quattro a cinque. Come misurate questo risultato? E quale area cresce più rapidamente?
«Si tratta di un calcolo stimato e basato su modelli econometrici. Cerchiamo di misurare non solo l’impatto finale, che è di lungo periodo. Ad esempio, tra i 18 programmi del nostro Ministero, abbiamo implementato 30 tecnologie ad alta domanda nei settori dell’acqua, dell’agricoltura e dell’ambiente, formato 2.500 innovatori e creato quasi 200 partnership nazionali e internazionali. Questi sono risultati concreti che, nel tempo, produrranno l’impatto auspicato anche in termini macroeconomici».
Il vostro piano prevede di ridurre l’uso di acqua non rinnovabile del 90% entro il 2035. Quali tecnologie lo renderanno possibile?
«Smart Leakage detection, desalinizzazione, riutilizzo di acque reflue e smart agriculture sono tra le tecnologie chiave che abbiamo identificato dopo una ricerca che ha coinvolto centinaia di esperti, studiato circa 300 tecnologie e mappato decine di alternative tecnologiche. Entro il 2030 puntiamo anche a riutilizzare il 90% dell’acqua nel Paese: è un traguardo ambizioso, ma è questa l’innovazione».
Fonte: Il Sole 24 Ore