
In Europa è boom di snack per l’infanzia: +29% in cinque anni
Merendine, snack, bevande gassate, gelati confezionati. Per questi prodotti l’Europa ogni anno spende 310 miliardi di euro, ma il comparto sta attraversando un vero e proprio boom: soltanto dal 2019 a oggi ha messo a segno una crescita del 29 per cento.
I numeri arrivano dalla Fondazione Aletheia, che martedì 24 giugno ha presentato al ministero dell’Istruzione il suo nuovo rapporto intitolato “Cibo e bambini”, partendo dal presupposto che i principali destinatari di snack e merendine siano appunto i consumatori più piccoli. Secondo il think-tank – promosso dalla Coldiretti ma con un comitato scientifico indipendente guidato dal preside della facoltà di Medicina dell’Università Cattolica di Roma, Antonio Gasbarrini – questi prodotti rappresentano ormai il 27% delle calorie giornaliere assunte in Europa. I suoi esperti li definiscono cibi “ultraformulati” o ultraprocessati, perché agli ingredienti naturali come la farina o le uova aggiungono additivi tra cui coloranti, conservanti, aromi artificiali, stabilizzanti, emulsionanti e altre sostanze che ne esaltano la palatabilità.
Cibi e bevande ultraformulati sono ormai presenti nei supermercati di tutto il mondo, con le vendite globali che nel 2023 hanno raggiunto i 2mila miliardi di dollari. Se in Europa poco meno di un terzo dell’alimentazione quotidiana è fatta di snack, i numeri sono più alti negli Stati Uniti, dove il 60% delle calorie giornaliere vengono assunte da cibi ultraformulati. Nel Vecchio Continente, invece, la spesa annuale procapite di merendine e snack ammonta a 690 euro all’anno, ma le differenze tra Paesi sono significative. In Finlandia, per esempio, raggiunge il massimo con 1.357 euro procapite; al secondo posto si colloca l’Irlanda con 1.283 euro. A seguire, tutti i Paesi scandinavi, dalla Danimarca alla Svezia, tutti saldamente al di sopra della soglia dei mille euro procapite all’anno. Decisamente più basse le medie nazionali nei Paesi mediterranei: l’Italia, in particolare, spende 580 euro all’anno, meno della Francia e della Germania ma più della Spagna o della Grecia, quest’ultima ai livelli minimi continentali con soli 386 euro all’anno a consumatore. In generale, in tutta l’Europa dell’Est Europa la spesa rimane decisamente contenuta: in Romania, per esempio, è di 387 euro annui.
Anche per quanto riguarda la percentuale di calorie giornaliere assunte attraverso questo genere di prodotti l’Italia è tra i Paesi più morigerati, anzi questa volta il più basso in assoluto in Europa: solo il 13,4% di incidenza. La Svezia, al contrario, risulta essere quello con la percentuale maggiore, sia per cibo che per bevande, con oltre il 42%. Seguono la Gran Bretagna con un’incidenza del 40,5%, la Germania con il 38,5% e i Paesi Bassi con il 37,2%. la Francia si trova a metà classifica, con il 28,8% di peso degli snack sul totale delle calorie giornaliere assunte. La Spagna, infine, è a quota 25%.
Quello delle merendine sì-merendine no è da sempre un tema controverso. Giusto una decina di giorni fa la Coldiretti, a Udine, ha lanciato il suo manifesto per l’educazione alimentare dei giovani, chiedendo al governo di intervenire per dire stop al cibo ultraprocessato nelle macchinette all’interno degli istituti scolastici, a tutela della salute degli studenti. Una richiesta, questa, che ha irritato non poco i gestori dei distributori automatici i quali, attraverso la loro associazione Confida, hanno ricordato che «solo il 5% dei 460.915.247 snack dolci e salati venduti in un anno sono consumati in scuole e università» e che «l’aumento dell’obesità tra gli studenti italiani non è colpa delle macchinette automatiche».
Fonte: Il Sole 24 Ore