«In Germania non c’è deindustrializzazione, ma la ritirata del manifatturiero preoccupa»

«In Germania non c’è deindustrializzazione, ma la ritirata del manifatturiero preoccupa»

Per Clemens Fuest, presidente dell’Istituto Ifo, in Germania non c’è «una deindustrializzazione», ma la ritirata del settore manifatturiero è preoccupante.

L’Ifo e gli altri principali istituti tedeschi hanno alzato le stime di crescita della Germania: il Paese è fuori dalla recessione?

Non proprio. Le revisioni sono molto piccole e per il 2025 siamo molto vicini allo zero: l’economia tedesca resta in stagnazione. Per il 2026, si prevede una crescita prossima all’1%, ma solo grazie alla maggiore spesa pubblica. Non è quindi chiaro se si tratterà solo di un rimbalzo di brevissima durata, alimentato dal debito. Le vere domande sono: ci saranno le riforme? Le risorse andranno a tipologie di spesa, come gli investimenti, che renderanno sostenibile il ritorno alla crescita? Attualmente non vediamo queste riforme, quindi al momento la previsione è che sarà un rimbalzo di brevissima durata.

Soprattutto nel manifatturiero, continua il taglio della forza lavoro. C’è un rischio di deindustrializzazione?

Non la chiamerei deindustrializzazione, ma c’è una ritirata del manifatturiero. Ed è un problema perché è un settore ad alta produttività, con buoni posti di lavoro. Allo stesso tempo assistiamo alla crescita del settore pubblico, del settore sanitario e dell’assistenza agli anziani. Questo dipende in parte dal cambiamento demografico, abbiamo sempre più anziani che hanno bisogno di più ospedali e cure per la vecchiaia. Ma c’è anche una perdita di competitività, dovuta a costi elevati, perdita di vantaggio tecnologico, rigidità nei processi di pianificazione, burocrazia. Ed è motivo di preoccupazione.

C’è chi sostiene che un po’ di deindustrializzazione farebbe bene a una Germania troppo dipendente dalla manifattura. Credo che lei non sia d’accordo.

Sono scettico. Nei principali Paesi Ocse, abbiamo visto una tendenza a spostarsi sui servizi. La questione è: funziona per creare posti di lavoro ad alto valore aggiunto? Negli Stati Uniti lo abbiamo visto nel digitale, che è cresciuto molto rapidamente e ha aiutato l’economia. Ma questo è un loro vantaggio comparato. Qual è il vantaggio comparato della Germania? È la manifattura: è ciò che sappiamo fare meglio. Non penso che tutti i Paesi debbano muoversi nella stessa direzione. L’industria tedesca è sempre stata più grande che in altri Paesi: è un risultato di mercato. La domanda, per la Germania come per l’Italia, è: cosa succede se nostri settori chiave, come auto o meccanica, si rimpiccioliscono? Non è per forza un male, se creiamo nuovi settori che generano valore. Ma non è ciò che stiamo vedendo.

Fonte: Il Sole 24 Ore