
In scena con InspiringPr la sana ossessione per l’etica nella comunicazione
Le parole sono importanti, ci ricordava qualche anno fa una pellicola cinematografica passata alla storia. Ma cosa accade oggi se quelle parole sono messe in pasto a social e intelligenza artificiale o ancora rilanciate con foto e video, condivise su miliardi di bacheche, viralizzate con stories o meme e ancora distorte da deepfake di ogni sorta? Il tempo incerto nell’economia e nella geopolitica si riscopre fragile anche per la generazione dei comunicatori, siano essi appartenenti al pubblico o al privato o ancora al lavoro in agenzie e uffici stampa. Anche su questo difficile equilibrio ruota la nuova edizione di InspiringPR, il festival delle relazioni pubbliche di Ferpi giunto all’undicesima edizione. I lavori delle due giornate (16 e 17 maggio 2025) – si tengono nelle Procuratie in Piazza San Marco, la Casa di The Human Safety Net, fondazione di Generali che ospita iniziative a forte impatto sociale. “Good times, bad times. È tempo di essere etici”: è questo il tema della kermesse dal taglio internazionale con la partecipazione di comunicatori da tutto il mondo.
Il valore dell’etica
Al centro il ruolo imprescindibile affidato alla responsabilità. «Da sempre etica e comunicazione sono intrecciate. È così dall’antica Grecia in cui, ad esempio, l’etica di Socrate e Platone si costruisce nella polemica con i retori e i sofisti, cioè i primi professionisti della comunicazione che utilizzavano strumentalmente le loro competenze al servizio dei clienti e non della bontà di una tesi. Ma già in Aristotele abbiamo una concezione in parte diversa che recupera la stessa retorica in una visione realistica e mi sembra ancora attualissima per una etica della comunicazione. Oggi si parla sempre di più etica della comunicazione perché è enormemente aumentata la potenza dei mezzi a disposizione di chi comunica con possibili effetti negativi di massa», afferma Giampaolo Azzoni, professore di relazioni pubbliche nel corso di laurea magistrale in comunicazione digitale dell’Università di Pavia, uno tra i relatori in programma. Così intelligenza artificiale e tecnologie immersive sparigliano le carte. «Stanno aumentando esponenzialmente la potenza a disposizione di chi comunica. Possiamo raggiungere immediatamente quantità illimitate di destinatari e produrre con una crescente velocità ogni tipo di prodotto comunicativo, da testi a immagini, da video a musiche. Questo ha già cambiato il lavoro del comunicatore e promette di farlo ancora più in futuro. Ma vi sono due limiti che ad oggi sono insuperati e che fanno sì che il comunicatore non possa essere sostituito da un dispositivo informatico. Il primo è di natura epistemologica ed è relativo al fatto che l’intelligenza artificiale sia induttiva, lavori cioè su dati. Ma il lavoro creativo è non induttivo, bensì abduttivo, cioè si basa su dati ma non si chiude in essi producendo innovazione. Il secondo limite ha a che fare con la soggettività coinvolta nei processi di comunicazione ed il senso di ciò che si comunica: in tutti i momenti importanti è richiesta un’autenticità da cui non possiamo esonerarci», dice Azzoni.
Connessi e disorientati
Così nel tempo dell’infodemia e dei deepfake, tutti siamo disorientati da un flusso di notizie vere che si alternano con quelle false. Una sfida per i professionisti della comunicazione. «Ma è un problema che ci riguarda tutti anche come cittadini. Come destinatari dobbiamo contribuire a sviluppare il pensiero critico. I comunicatori devono posizionarsi su una comunicazione di valore», conclude Azzoni. Tra i vari interventi si segnalano quelli di Silvia Arto, Vincenzo Manfredi, Giampaolo Azzoni, Alberto Bitonti, Mandy Pearse, Pavel Vlcek, Emanuela Locci, Alberto Pirni, Lucia Dal Negro, Stefano De Alessandri, Arianna Traviglia, Attilio Di Scala, Antonella Mariani, Paolo Iabichino. Le conclusioni sono affidate a Filippo Nani (presidente Ferpi) e a Justin Green (Ceo Global Alliance).
Fonte: Il Sole 24 Ore