In sciopero 60mila farmacisti: possibili disagi nelle farmacie che però resteranno aperte
Scatta l’agitazione tra i farmacisti: sono circa 60mila i dipendenti delle farmacie private convenzionate con il Servizio sanitario nazionale, tra farmacisti-collaboratori e personale, che il 6 novembre incroceranno le braccia per 24 ore per chiedere il rinnovo del contratto di lavoro scaduto nel 2024. Lo sciopero è indetto dalle federazioni di categoria Filcams Cgil, Fisascat Cisl e Uiltucs dopo la rottura delle trattative con la parte datoriale Federfarma. Le farmacie private convenzionate aderenti a Federfarma sono oltre 18mila sul territorio nazionale. Le farmacie sono un servizio pubblico essenziale, che deve essere in ogni caso garantito: i cittadini troveranno dunque le farmacie aperte e quindi sarà assicurata la dispensazione del farmaco, ma in base alle adesioni allo sciopero potrebbero esserci qualche disagio e la sospensione di servizi ulteriori; a esempio vaccini, tamponi, ecg in telemedicina, misurazione della pressione e tutte le altre attività ulteriori rispetto alla distribuzione dei farmaci
La protesta dei dipendenti e la rottura della trattativa
I dipendenti delle farmacie private incroceranno le braccia per l’intero turno di lavoro per protestare contro il mancato rinnovo del contratto scaduto il 31 agosto dello scorso anno. Lo sciopero, proclamato dalle sigle Filcams Cgil, Fisascat Cisl e Uiltucs, coinvolgerà oltre 60mila lavoratori. La trattativa si è interrotta dopo l’ultimo incontro del 9 ottobre perchè la proposta economica dell’associazione dei titolari di farmacia, pari a 180 euro lordi di aumento complessivo per i prossimi tre anni, è stata giudicata “inadeguata” dai sindacati. “Le farmacie private sono presidi sanitari e sociali essenziali e la professionalità di farmaciste e farmacisti merita rispetto, riconoscimento e tutele contrattuali all’altezza delle competenze richieste dal servizio”, affermano i sindacati in una nota. Filcams, Fisascat e Uiltucs denunciano “l’atteggiamento di chiusura e di indisponibilità al confronto costruttivo” della Federazione nazionale dei titolari di farmacia (Federfarma), che “continua a negare aumenti retributivi adeguati al costo della vita e il riconoscimento del valore professionale di chi garantisce ogni giorno un servizio sanitario di prossimità, fondamentale per milioni di cittadini”. I sindacati invitano l’associazione datoriale a tornare al tavolo delle trattative, “dimostrando di voler davvero tutelare chi lavora nelle farmacie private, riconoscendo un contratto che rispecchi il valore reale della professione”. Lo sciopero di domani sarà accompagnato da presidi e manifestazioni in numerose città italiane.
La difesa di Federfarma: richieste irrealistiche
«Pur rientrando nell’esercizio dei diritti costituzionali dei lavoratori questa ulteriore iniziativa, pone nuovi ostacoli al rinnovo del contratto, rallentando le trattative che erano state riavviate e rimandando l’applicazione di nuove condizioni volte a migliorare gli aspetti economici e il livello della qualità della vita dei dipendenti di farmacia. Occorre anche ricordare che le farmacie sono un servizio pubblico essenziale, che deve essere in ogni caso garantito. Pertanto, il 6 novembre i cittadini troveranno comunque le farmacie aperte», ha ricordato Federfarma nei giorni scorsi. «Nel corso delle trattative Federfarma – sottolinea ancora la nota – aveva formulato una prima proposta di incremento salariale pari a 120,00 euro mensili, successivamente incrementata a 180,00 per andare incontro alle richieste dei sindacati. Accanto all’incremento salariale, Federfarma era disposta a riconoscere una serie di ulteriori benefit, sia in termini di servizi di welfare, sia prevedendo percorsi formativi mirati in orario di lavoro e garanzie aggiuntive in materia di maternità, infortunio. I sindacati, invece, sono rimasti rigidamente ancorati alla richiesta di un aumento di 360,00 euro mensili. Una richiesta irrealistica, perché insostenibile per migliaia di farmacie, che garantiscono il servizio nei piccoli centri e in aree depresse».
Fonte: Il Sole 24 Ore