
Industria italiana sostenibile ma poco digitalizzata
Le virtù non mancano ma alcuni difetti persistono e riguardano nello specifico la predisposizione all’uso delle tecnologie digitali. È la fotografia di sintesi scattata dalla ricerca biennale “What’s Next nelle Operations? Benchmarking Study” di Bonfiglioli Consulting, che analizza lo stato di maturità dell’industria nazionale in cinque aree chiave per mapparne la transizione verso il concetto di smart factory. Dal campione di oltre 100 aziende esaminate, la maggior parte delle quali attive con più 100 dipendenti, sono emerse risultanze che premiamo le buone prestazioni raggiunte sul fronte della sostenibilità (il cui indice di maturità medio è arrivato all’89%) e dell’efficienza di operations e supply chain (71% e 67% rispettivamente). Più che discreti, inoltre, sono i risultati che riflettono la maturità del comparto nell’ambito della gestione delle risorse umane (siamo al 58%) mentre la componente che risulta più indietro e con maggior potenziale di sviluppo è la digitalizzazione, ferma al 48%. Un quadro a luci e ombre che evidenzia anche Michele Bonfiglioli, attuale Ceo della società di consulenza fondata nel 1973: “lo studio conferma la forte cultura al miglioramento continuo e alla ricerca dell’eccellenza operativa della nostra industria, ma rivela anche un divario che oggi non possiamo più permetterci, perché l’adozione dell’AI e delle tecnologie più innovative è una leva indispensabile per la competitività e la resilienza delle imprese”.
Bassi investimenti
Un assunto molto esplicito che suona anche da stimolo per i C-Level oggetto di indagine (il 53% di loro ammette un livello basso di digitalizzazione per la propria organizzazione) e che ben riflette lo stato dell’arte della presenza del digitale e della propensione a investirvi. Se guardiamo alla spesa destinata alle tecnologie, la maggioranza delle aziende (il 72% per la precisione) destina tra l’1% e il 5% del proprio fatturato alla digitalizzazione, un ulteriore 21% alloca tra il 5% e il 10% dei ricavi mentre solo il 2% supera questa soglia (il restante 5% non ha ancora riservato alcun budget). Nella classifica delle soluzioni più diffuse sono in testa i sistemi ERP (presenti nel 73% dei casi), seguiti dalle piattaforme di Crm (34%), dai software Mes (Manufacturing Execution System, 32%) e più a distanza dal Cloud, che troviamo in un’impresa su quattro, e dai tool di realtà aumentata e virtuale (22%). Rimangono invece marginali le applicazioni di Digital Twin (9%) e la robotica avanzata (12%) mentre la tanto decantata intelligenza artificiale deve fare i conti con un livello di adozione ancora limitato: il 55% delle aziende, infatti, non l’ha ancora implementata, il 34% ne ha avviato l’impiego e solo il 3% la utilizza in modo consolidato.
Intelligenza artificiale integrate nel 9% dei casi
Per la Generative AI, infine, il tasso di penetrazione è ancora più basso: solo il 9% l’ha integrata nei processi mentre il 32% delle imprese la sta testando al pari degli agenti AI, che compaiono in fase pilota solo in un caso su dieci (il 12% per l’esattezza) in ambiti come il customer service, l’area sales & marketing e la ricerca e sviluppo. C’è ancora molta strada da fare, quindi, anche in relazione alle principali barriere all’adozione del digitale nell’industria, che sono la mancanza di competenze interne alle imprese (citata nel 42% dei casi), la qualità dei dati (40%) e l’integrazione con i sistemi esistenti (38%), mentre solo l’11% punta il dito sui costi delle tecnologie.
Come dobbiamo leggere queste percentuali?
“Le competenze necessarie per comprendere appieno la reale portata dei benefici dell’AI – questa la risposta fornita al Sole 24 Ore da Bonfiglioli – sono ancora appannaggio di pochi, e il nodo principale riguarda più l’applicazione pratica che la teoria. Penso vi sia una generale sottovalutazione di ciò che comporta realizzare casi di successo concreti: se da un lato le licenze dei software possono sembrare economicamente accessibili, dall’altro l’ottenimento di benefici significativi richiede investimenti importanti in formazione, tempo e infrastrutture tecnologiche”. Senza dimenticare, come ricorda giustamente il manager, l’ambito della cybersecurity, “spesso sottovalutato e non affrontato con la necessaria profondità”.
Fonte: Il Sole 24 Ore