Industria, la Ue cerca il cambio di passo su aiuti per l’energia e sovranità spaziale

Industria, la Ue cerca il cambio di passo su aiuti per l’energia e sovranità spaziale

Le nuove linee europee sulla politica industriale iniziano a prendere forma. Dopo aver presentato, a inizio anno, la Bussola per la competitività, la Commissione guidata da Ursula von der Leyen al suo secondo mandato ha pubblicato due Comunicazioni molto attese, sul Clean industrial deal e sulla Space economy.

Primo pacchetto di misure

Il primo pacchetto di misure, che varrà fino al 2030, allenta le regole sugli aiuti di Stato in materia di energia pulita e decarbonizzazione dell’industria. Le due mosse che appaiono più incisive, in particolare, riguardano una maggiore flessibilità concessa agli Stati membri per sussidiare le bollette elettriche per le imprese a più alto consumo di energia e la possibilità di incentivare, oltre allo sviluppo di fonti rinnovabili, anche la produzione di nuovi reattori nucleari. È una materia di per sé scivolosa perché quando si tratta di allentare in qualche modo le maglie degli aiuti di Stato c’è sempre il rischio di creare disequilibri tra Stati che hanno margini di bilancio, e possono dunque erogare con maggiore facilità incentivi aggiuntivi (viene da pensare innanzitutto alla Germania), e Stati con una capacità di spesa vincolata (e l’Italia potrebbe essere tra questi).

Obiettivo Ue leader nella space economy mondiale entro il 2050

Non c’è invece questo aspetto, ma ce ne sono altri, se possibile a maggiore connotazione geopolitica, nello Space Act, la Comunicazione della Commissione Ue sullo spazio. In questo caso l’obiettivo dichiarato è posizionare la Ue come leader nell’economia spaziale mondiale entro il 2050, fronteggiando i programmi di Cina e Stati Uniti.

I numeri in gioco

Un obiettivo molto ambizioso verrebbe da dire, a guardare i numeri in gioco. Nel 2024 gli investimenti pubblici nello spazio hanno raggiunto 122 miliardi di euro a livello globale, mentre in Europa siamo a 12,6 miliardi, in pratica il 10%. Le proporzioni non cambiano di molto se consideriamo gli investimenti privati, pari a 7 miliardi a livello globale e solo a 1,5 miliardi su scala europea.

Fonte: Il Sole 24 Ore