Infettato dopo la trasfusione del 1984, «sì all’indennizzo, l’illecito non è prescritto»

Infettato dopo la trasfusione del 1984, «sì all’indennizzo, l’illecito non è prescritto»

Gli era stato infuso sangue infetto da virus HCV nel 1984, ottiene la diagnosi della patologia solamente ventidue anni dopo, nel 2006, ma non presenta domanda di indennizzo fino ad alcuni anni dopo. Non c’è però prescrizione: infatti, i cinque anni previsti dalla legge non devono essere conteggiati dal momento della diagnosi. Il “conto alla rovescia” deve iniziare da quando il paziente, privo di specifiche competenze mediche, è messo nelle condizioni di comprendere la correlazione tra la trasfusione e la patologia riscontrata.

È quanto stabilisce la terza sezione civile della Cassazione, con l’ordinanza 24541/2025, ritenendo che nessun sanitario avesse, per così dire, mostrato al paziente il filo rosso tra la prescrizione di una visita epatica, la diagnosi e la pregressa trasfusione, risalente per altro a due decenni prima.

La vicenda e la pronuncia dei giudici

Dopo un ricovero, nella cartella clinica dell’uomo era indicata l’infezione epatica e si dichiarava che il paziente era a conoscenza di aver subito una trasfusione. Nella cartella clinica, inoltre, era contenuta anche la prescrizione per la visita specialistica. Contrariamente a quanto sostenuto dal giudice di primo grado, non necessariamente l’uomo sarebbe stato capace di ricondurre la diagnosi alla trasfusione. Inoltre, non è possibile presupporre, come aveva fatto la Corte d’appello che la prescrizione della visita epatica fosse stata accompagnata da una spiegazione circa l’eziologia dell’infezione solamente perché è usuale.

Errata, secondo la Cassazione, anche la deduzione della Corte di secondo grado per la quale il paziente, a fronte della prescrizione, avrebbe potuto ottenere le informazioni necessarie. Ricordando la pronuncia 576 del 2008 delle Sezioni Unite, i giudici di legittimità ribadiscono quindi che il calcolo dei cinque anni per la prescrizione non decorre dal momento in cui la malattia si manifesta o da quando terzi sono in grado di stabilire un nesso tra trasfusione ematica e malattia bensì dal giorno in cui il paziente è messo nelle condizioni di capire o poter capire l’eziologia della patologia da cui è affetto.

Fonte: Il Sole 24 Ore