
Infezioni in corsia: il nemico invisibile si combatte anche con la tecnologia
In Italia oltre 10.000 persone muoiono ogni anno per infezioni contratte in ospedale, secondo i dati dello European centre for disease prevention and control (Ecdc). Una strage silenziosa che mette in evidenza quanto la gestione del rischio biologico nelle strutture sanitarie resti una sfida cruciale. Le Infezioni correlate all’assistenza (Ica) non risparmiano nessuno: colpiscono pazienti, operatori sanitari e visitatori, aumentando giornate di degenza, costi sanitari e, in molti casi, la mortalità.
Il ruolo dei tessuti tecnologici nella prevenzione
Tra le misure di contrasto, accanto a igiene delle mani, disinfezione ambientale e dispositivi di protezione, si stanno facendo strada i cosiddetti tessuti “intelligenti”. Si tratta di materiali certificati che, grazie a trattamenti specifici, sono in grado di contrastare la loro contaminazione per opera di batteri e virus, resistendo a numerosi cicli di lavaggio senza perdere tale singolare prerogativa. Questi indumenti, destinati soprattutto alle aree critiche come terapie intensive e rianimazioni ed altre, rispondono a standard internazionali come UNI EN ISO 20743:2021 (attività antibatterica) e ISO 18184:2019 (attività antivirale).
Roberto Lombardi, già esperto di misure di sicurezza per il rischio biologico Ispesl e Inail, oggi docente presso la Federico II di Napoli, spiega: «L’ossido di zinco è da anni oggetto di letteratura scientifica internazionale per le sue proprietà antimicrobiche. La novità è l’integrazione delle nanoparticelle nei tessuti tecnici, una soluzione che permette di trasformare le divise sanitarie in vere misure di sicurezza. È importante ricordare che il valore di questi capi non è solo nel tessuto, ma nell’indumento finito: deve proteggere chi lo indossa e il paziente, senza sacrificare comfort e maneggevolezza».
La sfida delle infezioni ospedaliere
Le infezioni nosocomiali non sono solo un problema sanitario: in Europa causano 37.000 decessi diretti ogni anno e costano oltre 7 miliardi di euro. Le infezioni più frequenti sono polmoniti, infezioni urinarie, del sangue o del sito chirurgico. Sempre secondo l’Ecdc, i patogeni coinvolti sono spesso resistenti agli antibiotici: basti pensare che l’82% dei casi di Acinetobacter baumannii (responsabile di circa l’80% delle infezioni) risulta resistente ai carbapenemi, antibiotici di ultima linea. Le vie di trasmissione sono molte: dal contatto diretto tra persone agli strumenti contaminati, fino agli indumenti di lavoro.
«Non si può pensare di contrastare il fenomeno solo con farmaci – avverte Lombardi –. Serve una prevenzione primaria: evitare che il paziente contragga l’infezione. Questo significa adottare tutte le misure disponibili, non solo alcune. Ogni tale lacuna può diventare fatale».
Fonte: Il Sole 24 Ore