
Infrastrutture idriche, in Sicilia programmati e non spesi 4,5 miliardi
In Sicilia nel decennio 2010-2020 sono stati attivati interventi per il miglioramento delle infrastrutture idriche per un valore complessivo di 4,878 miliardi ma solo il 7,5% di queste risorse si è concretizzato in opere effettivamente concluse, con una spesa pari a circa 365,8 milioni con una spesa pro-capite effettiva annua di 6,7 euro (a fronte 88,3 euro pro-capite rimasti solo sulla carta).
Il report di Legambiente
E’ un passaggio del rapporto presentato nel corso della alla prima edizione del Forum Acqua Sicilia, organizzato da Legambiente Sicilia ad Agrigento: «La crisi idrica che nel 2024 ha colpito la Sicilia, divenuta a tutti gli effetti hotspot del cambiamento climatico, ha reso evidente l’inadeguatezza delle infrastrutture e dei sistemi di raccolta, distribuzione e gestione dell’acqua – scrivono gli esponenti di Legambiente -. Si tratta di una carenza che pesa soprattutto sulle spalle di centinaia di migliaia di cittadini costretti a fare i conti con severi razionamenti dell’acqua, e sul comparto agricolo regionale, che nel 2024 ha subito a causa della siccità una perdita economica netta stimata in tre miliardi di euro, unita a un drastico calo produttivo: -80% nella produzione di olio d’oliva e punte fino al 100% nella produzione di cereali, foraggi e grano». Quest’anno la situazione non sembra essere migliorata moltissimo: «Al netto di una migliore condizione dell’invaso Ancipa, quasi al massimo di quota, gli altri invasi a scopo potabile, essenziali per gli approvvigionamenti della Sicilia Occidentale, sono tutti o nelle stesse condizioni del giugno 2024 o persino peggio. Da segnalare in particolare la quantità invasata nelle dighe Gargia e Poma al di sotto di quasi 12 Mmc» si legge nel report.
Gli investimenti che mancano all’appello
Negli ultimi anni, gli investimenti destinati al settore idrico nel breve e medio termine – inclusi quelli già programmati, come quelli previsti dal Pnrr – ammontano complessivamente a circa due miliardi. Tali risorse finanziano interventi che spaziano dalla potabilizzazione e distribuzione alla manutenzione delle reti e alla depurazione. Tra questi fondi si segnalano: 230 milioni di euro stanziati attraverso il programma FESR 2021-2027 per il servizio idrico integrato, assegnati agli Ato siciliani a seguito dell’approvazione dei nove piani d’ambito; circa 360 milioni provenienti dal Pnrr e dal Pniissi; oltre 1,2 miliardi ancora da allocare per futuri interventi. A livello regionale, risultano inoltre stanziati 100 milioni per l’acquisto di tre dissalatori mobili e le relative opere di adduzione, oltre a un piano pluriennale da oltre 250 milioni, attualmente in fase di attuazione da parte di Siciliacque, per il potenziamento delle dorsali idriche regionali.
Le proposte di Legambiente Sicilia
«Rivedere l’architettura istituzionale del sistema – dice Tommaso Castronovo, presidente di Legambiente Sicilia – è certamente il primo problema da affrontare attraverso la realizzazione di una governance unica e integrata dell’acqua, affinché tutti i cittadini e le cittadine siciliani partano da pari condizioni. Per poter individuare un ambito ottimale è necessario che questo sia dotato di tutte quelle caratteristiche che consentono di applicare una tariffa unica, peraltro comparabile con quella degli altri ambiti limitrofi».
Le criticità degli invasi e la governance
Il quadro della situazione delle infrastrutture idriche regionali, ribadiscono da Legambiente, resta critico. La Sicilia dispone di 46 invasi di grandi e medie dimensioni, con una capacità teorica complessiva superiore a 1,1 miliardi di metri cubi, di cui oltre 360 milioni destinati all’uso potabile o misto potabile-idroelettrico. La gestione di questi bacini è affidata a una molteplicità di soggetti pubblici e privati: da Siciliacque, gestore di sovrambito, a ENEL, dai Consorzi di Bonifica al Drar. Un sistema frammentato che, spesso, soffre di gravi carenze gestionali. Lo dimostrano i dati sull’interrimento di numerosi invasi, effetto diretto della scarsa manutenzione e dell’assenza di interventi periodici fondamentali, come le operazioni di sfangamento. A ciò si aggiungono mancati collaudi, infrastrutture di presa e manovra trascurate e casi emblematici come quello della diga di Trinità di Delia, nell’agro di Castelvetrano, svuotata per la mancata verifica della sua tenuta sismica.
Fonte: Il Sole 24 Ore