Intelligenza artificiale, nei musei potenzialità ancora inespresse
Intelligenza artificiale, avanti piano: nei musei, nei monumenti e nelle aree archeologiche italiane la usano solo il 30% delle istituzioni italiane (contro il 20% dell’anno scorso). Ma l’ uso è prevalentemente individuale (26%) da parte degli addetti che sfruttano strumenti generalisti (da ChatGpt, Gemini ecc) per le proprie attività. Sul piano delle iniziative più strutturate, siamo invece ancora agli albori: solo l’1% dei musei e dei teatri ha già avviato progetti con l’IAGen, e rispettivamente il 6% degli enti museali e il 5% di quelli teatrali dichiarano di star investendo in questo ambito.
Il problema cruciale dei dati strutturati
«Ci sono due grandi passaggi da affrontare. Il primo riguarda i dati. Un ente che non ha una base dati strutturata sul proprio patrimonio non può ovviamente alimentare l’Ai» spiega Eleonora Lorenzini, direttrice dell’Osservatorio Innovazione digitale nella cultura del Politecnico di Milano. L’indagine, che sarà presentata oggi a Milano, rileva come tuttavia la mancanza di una data strategy e l’indisponibilità di dati nel formato giusto per essere processati vengono percepite come ostacoli all’adozione dell’Ia solo dal 9% dei musei e dal 12% dei teatri, mentre probabilmente, valutano gli studioso del Politecnico, questo costituisce il vero nodo per una piena valorizzazione delle opportunità di questa tecnologia.
Quali compentenze per l’Ai?
«Il secondo aspetto riguarda le competenze. Su questo stiamo lavorando molto per capire sia quelle che saranno più impattate anche da un possibile effetto di sostituzione – spiega Lorenzini- sia l’effetto augmentation ovvero come avverrà il potenziamento delle competenze umane da parte dell’Ai e come trarne vantaggio».
Accanto alle più intuibili competenze tecniche di utilizzo, serve anche sviluppare – riporta il documento del Politecnico di Milano – la capacità di interfacciarsi con i provider tecnologici comprendendone il linguaggio ed essendo in grado di trasferire loro esigenze specifiche. Per molti stakeholder sarebbero dunque necessarie figure ibride come quella dei digital humanist.
Le applicazioni più diffuse dell’intelligenza artificiale riguardano il personale interno e consistono principalmente in attività di creazione di contenuti (69%) e di supporto operativo per un miglioramento della produttività individuale (56%). I nuovi assistenti Ia integrati nei software di grafica velocizzano la manipolazione delle immagini, permettendo ai creativi di dedicare più tempo allo sviluppo di nuovi concept. Le suite di strumenti pubblicitari basate sull’Ai consentono agli enti di gestire in modo integrato la comunicazione sui diversi social media con annunci personalizzati, portando a un miglioramento spesso significativo dei risultati delle campagne.
Fonte: Il Sole 24 Ore