Inverno demografico, al 2060 l’Italia perderà 12 milioni di lavoratori attivi

Inverno demografico, al 2060 l’Italia perderà 12 milioni di lavoratori attivi

L’inverno demografico produrrà il contraccolpo più forte in Italia, dove la popolazione in età lavorativa (tra 20 e 64 anni) diminuirà del 34% entro il 2060, ad un ritmo oltre 4 volte superiore della media Ocse (8%): sono 12 milioni di persone in meno. Nello stesso periodo il rapporto tra occupati e popolazione totale nel nostro Paese diminuirà di 5,1 punti percentuali. Se la crescita annuale della produttività del lavoro rimarrà al livello del periodo 2006-2019 (0,31% in Italia), si prevede che il Pil pro capite diminuirà a un tasso annuo dello 0,5%: con un -22% nel 2060.

Le indicazioni di policy

È questo lo scenario tracciato dall’Employment outlook dell’Ocse presentato al Cnel che individua una serie di policy per contrastare gli effetti dell’invecchiamento della popolazione sulla crescita del Pil pro capite. Un primo ambito di intervento consiste nel mobilitare le risorse lavorative inutilizzate, colmando il divario di genere nell’occupazione di almeno due terzi, valorizzando i giovani, attivando i lavoratori anziani in buona salute e promuovendo l’immigrazione regolare. «Su ognuno di questi ambiti – ha spiegato il presidente del Cnel, Renato Brunetta – stiamo lavorando da oltre due anni, con un programma organico, a cominciare dal divario occupazionale di genere che supera i 17 punti percentuali, tra i più alti dell’Ue. Il tasso di permanenza nell’inattività delle donne è 4 punti superiore a quello degli uomini. Solo il 20% delle ragazze immatricolate sceglie corsi Stem, contro il 40% dei ragazzi. Secondo l’Ocse ridurre il divario di genere, soprattutto tra i giovani, potrebbe aumentare la crescita annua del Pil pro capite nazionale di oltre 0,35 punti entro il 2060, il maggior contributo tra i Paesi Ue».

Allungare la permanenza dei senior e favorire la partecipazione dei giovani

Servono poi politiche che incentivino una permanenza più lunga nel mercato del lavoro, anche se negli ultimi vent’anni i tassi di occupazione dei lavoratori in età avanzata in Italia sono aumentati di 31,8 punti percentuali per le persone di età compresa tra i 55 e i 59 anni (rispetto ad un aumento di 13,7 punti percentuali dell’Ocse) e di 25,7 punti percentuali per le persone tra i 60 e i 64 anni (20,1 i punti percentuali dell’Ocse), grazie all’aumento dell’età pensionabile prevista dalle leggi.

«L’occupazione degli italiani di età compresa tra i 60 e i 64 anni – ha evidenziato Andrea Bassanini, senior economist dell’Ocse – rimane ben inferiore alla media Ocse. In questa fascia d’età il tasso di occupazione italiano era pari al 47% nel 2024, contro il 56% della media Ocse. Circa la metà dei paesi Ocse ha tassi oltre il 60%». Decisiva è anche la partecipazione dei giovani: «Il nostro potenziale non utilizzato – ha spiegato Brunetta – è tra i più alti dei Paesi Ocse. Nel 2024 l’Istat ha rilevato 1,34 milioni di Neet con un’incidenza nel Mezzogiorno più che doppia rispetto al Nord. Servono incentivi per trattenere e attrarre talenti, politiche per migliorare i redditi reali delle coorti più giovani, che avvicinino la formazione tecnica e scientifica alle competenze richieste dalle imprese».

Fonte: Il Sole 24 Ore