
Istat: pochi i giovani, trattarli bene e aumentare salari
«Un tema che è stato sottovalutato è che nelle aziende che devono garantire la crescita e la produttività c’è una piramide demografica che è spostata verso i 50enni. Siamo un Paese che deve far conto che i giovani sono risorse scarse e il capitale umano deve essere trattato con i guanti bianchi». Lo hanno spiegato i rappresentanti dell’Istat rispondendo alle domande nel corso dell’audizione sul Dpfp. «Non siamo più un Paese che può spingere su un contributo massivo della forza lavoro, ma dobbiamo spingere su un contributo qualitativo. Nell’ultimo rapporto annuale è stato visto come l’inserimento di giovani con skill digitali nelle aziende determina un incremento della produttività, quindi assumere giovani conviene. È un Paese che deve cambiare passo specialmente sulla produttività e auspicabilmente anche aumentare i salari per quanto riguarda i giovani in particolare perché entrano persone formate e pronte a innovare», hanno aggiunto.
Permane ancora gap salariale
Parlando più in generale dei salari, i tecnici dell’Istat hanno sottolineato che «il recupero progressivo delle retribuzioni reali è cominciato nel tempo e sta proseguendo. È iniziata un’inversione di tendenza che ha consentito di iniziare un processo di recupero». Tuttavia, come emerso già dalle statistiche dell’Istituto, esiste ancora una differenza del 9,1% rispetto a gennaio 2021». «Stiamo riducendo progressivamente, ma permane in termini di salari reali un gap del 9% rispetto ai livelli delle retribuzioni reali di gennaio 2021», hanno sottolineato nel corso dell’audizione.
Spesa famiglie stabile (ma 1 su 3 taglia alimentari)
Lo scorso anno la spesa per consumi delle famiglie in Italia è rimasta stabile ma una famiglia su tre limita la spesa alimentare. È quanto rileva l’Istat precisando che nel 2024 la spesa media mensile per consumi delle famiglie in valori correnti è pari a 2.755 euro, sostanzialmente stabile rispetto ai 2.738 euro del 2023. Ma circa un terzo delle famiglie dichiara di aver limitato in quantità e/o qualità, rispetto a un anno prima, la spesa per cibo (31,1%, era il 31,5% nel 2023) e per bevande (35,3%, dal 35,0%). La differenza in termini percentuali tra la spesa del Nord-est e quella del Sud si attesta al 37,9%, con la spesa media del Nord Est di 834 euro superiore a quella del Sud. Per il secondo anno consecutivo, la spesa è significativamente superiore al livello pre-Covid: era stata pari a 2.561 euro nel 2019. In particolare, tra il 2019 e il 2024 la spesa per consumi delle famiglie è aumentata del 7,6% a fronte di un’inflazione, misurata sullo stesso arco temporale dall’Indice armonizzato dei prezzi al consumo (Ipca), del 18,5%. Per quello che riguarda le spese delle famiglie per l’acquisto di prodotti alimentari e bevande analcoliche, restano stabili rispetto al 2023, nonostante l’aumento dei prezzi del 2,5% (Ipca), così come stabile è la quota delle famiglie che dichiara di aver provato nel corso dell’anno a limitare la quantità e/o la qualità del cibo acquistato. Il peso dei Prodotti alimentari e bevande analcoliche sulla spesa totale è pari al 19,3%. La spesa non alimentare è pari in media a 2.222 euro mensili, ovvero l’80,7% della spesa totale, e varia tra i 3.032 euro nel Nord-est e i 2.199 del Sud.
Si risparmia su abbigliamento e calzature
Una sostanziale stabilità caratterizza quasi tutte le divisioni di spesa non alimentare. Aumenta la spesa relativa a servizi di ristorazione e di alloggio (+4,1%, 162 euro mensili) sebbene con ritmi più contenuti rispetto al 2023 (quando l’aumento era stato del 16,5%). La crescita è particolarmente marcata nel Centro (+7,2%, 175 euro), anche se il livello più elevato continua a essere quello del Nord-est (209 euro mensili). Si riducono invece le spese per informazione e comunicazione, che diminuiscono del 2,3% rispetto al 2023. Come nei due anni precedenti, anche nel 2024 la voce di spesa che le famiglie dichiarano di aver limitato maggiormente è quella per abbigliamento e calzature: se si escludono quelle che affermano di non sostenere questa spesa (il 4,3% di tutte le famiglie residenti), la quota di chi ha provato a ridurla è del 47,5% (in lieve diminuzione rispetto al 48,6% del 2023) e sale al 57,6% nel Mezzogiorno (era il 58,0% nel 2023). I livelli di spesa più elevati, superiori alla media nazionale, si registrano nel Nord-est (3.032 euro), nel Centro (2.999 euro) e nel Nord-ovest (2.973 euro), mentre sono più bassi e inferiori alla media nazionale nelle Isole (2.321 euro) e nel Sud (2.199 euro). Nel 2024 le regioni con la spesa media mensile più elevata si confermano Trentino-Alto Adige (3.584 euro) e Lombardia (3.162 euro), mentre Calabria e Puglia sono quelle con la spesa più contenuta, rispettivamente 2.075 e 2.000 euro mensili. Sempre lo scorso anno le famiglie di soli italiani spendono in media, ogni mese, 2.817 euro, a fronte dei 2.138 euro delle famiglie con almeno uno straniero. Le famiglie di soli italiani spendono dunque il 31,8% in più delle famiglie con stranieri, differenza che in termini assoluti corrisponde a circa 680 euro.
Fonte: Il Sole 24 Ore